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Race - Il colore della vittoria, il film su Jesse Owens campione olimpico di antirazzismo 

Dal 31 marzo arriva Race – Il colore della vittoria con l’attore americano Stephan James

Race - Il colore della vittoria

Race - Il colore della vittoria

21.03.2016 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Sport e cinema contro il razzismo ricordano un’icona dell’atletica leggera che alle Olimpiadi di Berlino del 1936 vinse 4 medaglie d’oro nonostante le tensioni razziali in America e lo spettro del regime nazista.

Si tratta dello sportivo Jesse Owens, ricordato in Race – Il colore della vittoria per la carriera densa di agonismo e coraggio, che remò contro la Storia pur di celebrare il valore dello sport. Per presentare il film, che sarà nelle sale il prossimo 31 marzo distribuito da Eagle Pictures, a Roma sono intervenuti – presso la sede del CONI – il protagonista del film Stephan James, il membro di Giunta del CONI Fiona May, il vicepresidente di FIDAL, Federazione Italiana di Atletica Leggera Vincenzo Parrinello, l’Amministratore Delegato di Eagle Pictures Andrea Goretti e il giornalista di Sky Federico Buffa. Race – Il colore della vittoria, è invece diretto dal regista Stephen Hopkins, (Californication, Ossessione fatale, Nightmare 5) e ha nel cast gli attori Jason Sudekies, Jeremy Irons e William Hurt


 
Per Stephan James, già visto nel film Selma – La strada per la libertà si tratta del secondo ruolo che ha una qualche attinenza con la lotta per i diritti civili degli afroamericani. “Perché non farlo ancora una volta. Per me Owens non è soltanto un eroe, ma è fonte di ispirazione come atleta e come essere umano. É stata una grandissima esperienza interpretarlo e riuscire a mettermi nei suoi panni. Mi ha cambiato in qualche modo. Il mio ruolo in Selma - quello dell’attivista John Lewis ndr – è stato influenzato davvero da ciò che Owens ha fatto. Quindi per me è stato fondamentale affrontare questo personaggio”.

L’attualità di questo personaggio è però ancora oggi molto forte. “É un’icona mondiale – spiega Fiona May – ma è anche una storia di coraggio. É stato un uomo, un padre, e un messaggio di speranza per i più giovani”. Al giovane attore canadese viene invece chiesto quale scena ha trovato più difficile girare e un commento sulla situazione dell’odio razziale in America e nello sport: “Jesse Owens nel 1936 aveva di fronte a sé l’America razzista – spiega James – e viveva quindi una situazione molto pesante e difficile. Oggi non viviamo le stesse tensioni del 1936. Però se vediamo quello che sta succedendo ancora oggi con le proteste, le campagne, il boicottaggio degli Oscar, capiamo che non si può tornare indietro anche grazie a personaggi coraggiosi come Owens. Però la realtà di discriminazione non è del tutto sparita. Ci sono ancora casi di questo tipo. Ma Owens ci insegna che importa ciò che sei e ciò che fai. Dopo aver vinto quattro medaglie alle Olimpiadi, è tornato alla sua difficile realtà. Ecco perché è importante raccontare storie di questo tipo”.

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Per quanto riguarda invece i riferimenti con altri film e in confronto ad altri rapporti tra sportivi e allenatori trattati al cinema, l’esempio più vicino è Rocky Balboa, risponde così: “Sì in effetti c’è qualche somiglianza. Anche se qui c’è un rapporto particolare tra l’allenatore bianco e lo sportivo di colore è una storia particolare. Non si conoscono questi due nel film, e lo vediamo. Entrambi cercano di capire chi sono. Owens e Snyder hanno bisogno di tempo per conoscersi a vicenda e Owens spesso non capisce quali siano le ragioni di Snyder. Snyder invece vede la possibilità di trasformare un buon atleta, un diamante grezzo, in un campione”.

Nel film Stephan James si misura in 4 discipline diverse come fece Owens alle Olimpiadi: i 100 metri, i 200 metri, i 200 metri di salto in lungo e la staffetta 4 x 100: “Ho praticato molti sport nella mia vita ma non mi sono mai allenato così. La sfida è stata imparare a fare tutto nello stile di Owens, uno stile molto particolare, la sua partenza, come correva, ma anche a mostrare le emozioni che provava. Il salto in lungo è stata la cosa più difficile anche perché io ho prestato attenzione a qualsiasi dettaglio per incarnare questo atleta al meglio. E dovevo essere sul set anche un attore, ricordare le battute. E il giorno prima mi ero allenato per quattordici ore.”. Quando gli parlano dei legami con la generazione di attori neri precedente, si citano Forest Whitaker e Denzel Washington, risponde poi con un timido: “Sono parole lusinghiere, se riuscissi solo ad arrivare alla metà del loro livello sarei molto contento. Ma sono ancora indietro”.