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Predator compie trent'anni: dieci ragioni per rivederlo almeno una volta l'anno

Il classico con Arnold Schwarzenegger spegne trenta candeline. Ecco perché ancora oggi è un capolavoro imperdibile

Predator

12.06.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
È, senza alcun dubbio, uno dei più grandi film d'azione mai realizzati. È anche uno dei più grandi film di mostri mai realizzati. Predator di John McTiernan è entrambe le cose e lo è con una nonchalance che è quasi impossibile ritrovare oggi. Questo grande classico del cinema muscolare anni '80, con un Arnold Schwarzenegger all'apice della forma, compie oggi trent'anni (in USA uscì il 12 giugno 1987). Abbiamo deciso di festeggiarlo elencando dieci ragioni per le quali rivederlo almeno una volta l'anno...

 
Arnold Schwarzenegger
La prima ragione non può che essere lui, Schwarzy. C'è poco da fare: non esistono più star d'azione come lui e Sylvester Stallone. Qui possiamo ammirare Schwarzenegger mentre combatte e sconfigge un alieno addirittura più grosso di lui (davvero, cosa si può volere di più da un film?). E mentre snocciola alcune delle sue one-liner migliori, su tutte l'immortale: “Se può essere ferito, può essere ucciso”.

 
John McTiernan
Dietro la macchina da presa di Predator c'era uno dei grandi nomi degli anni '80, John McTiernan. L'anno seguente avrebbe diretto un altro piccolo film action, Die Hard – Trappola di cristallo. Purtroppo McTiernan non dirige più un film dal 2003, perché nel frattempo è finito in carcere per una brutta storia di sorveglianza illegale ai danni del produttore di Rollerball, Charles Roven. Ma all'epoca era davvero un genio nel mettere in scena l'azione e Predator, con i suoi stunt fenomenali, body count d'altri tempi e suspense e distruzione in egual misura, lo dimostra ancora oggi.


 
La creatura
Ci sono pochi mostri iconici come l'alieno di Predator. Dobbiamo ringraziare fondamentalmente tre “entità” per la sua riuscita. Stan Winston, uno dei più grandi creatori di effetti speciali che il cinema abbia mai conosciuto. Kevin Peter Hall, attore imponente (2 metri e 18 cm di altezza) visto anche nel ruolo di Harry in Bigfoot e i suoi amici. E infine il destino, che fece sì che Jean-Claude Van Damme, inizialmente scelto per il ruolo del mostro, venisse scartato. Un po' perché si lamentava del caldo che soffriva nel costume da mostro, un po' perché ritenuto troppo basso per tenere testa a gente come Arnold Schwarzenegger e Carl Weathers. Un po', infine, perché l'originale look del mostro (più simile a un grosso insetto) fu ritenuto poco spaventoso e poco pratico nella giungla.

 
Per rivederlo in inglese
Vi abbiamo beccato, vero? Ve lo siete sempre visto in italiano. Ma Predator in lingua originale è ancora meglio. Potrete sentire Schwarzy gridare il suo leggendario “Get to the chopper!”, una delle sue battute più famose e amate. Non solo, anche la one-liner citata più su, “Se può essere ferito, può essere ucciso”, suona meglio in inglese: “If it bleeds, we can kill it”, “Se sanguina, lo possiamo uccidere”.


 
La battaglia finale
Ci sono pochi duelli soddisfacenti come quello finale in Predator, tra Dutch e l'alieno. Schwarzenegger si ricopre di fango per ingannare i sensori di calore del mostro, e così conciato pare la statua di un antico dio pronta a emergere dal nulla per ottenere la sua vendetta.


 
Il cast
In ambito “manzi”, Predator è la crema. Il tasso di testosterone si alza tantissimo in presenza di Carl Weathers, Jesse Ventura, Bill Duke e Sonny Ladham. Ma fa sorridere vedere Shane Black in mezzo a questi giganti. Black fu scritturato nel film per intercessione del produttore Joel Silver, che voleva ringraziarlo per aver scritto poco prima uno dei suoi più grandi successi, Arma letale. Curiosamente, trent'anni dopo Shane Black è stato scelto per dirigere il nuovo capitolo del franchise, The Predator, in arrivo nel 2018. 


 
Il meglio degli anni '80
Che decennio, gli anni '80. Una simile commistione di adrenalina e testosterone, muscoli d'acciaio e battute affilate come lame, non si sarebbe mai più vista sul grande schermo. Predator resta uno degli esempi più riusciti di un modo di fare cinema spettacolare che sarebbe morto quasi del tutto con l'arrivo degli anni '90.

 
Schwarzenegger e Carl Weathers
Gli sceneggiatori Jim e John Thomas presero spunto, nello scrivere Predator, da una battuta che girava a Hollywood in quel periodo. Si diceva che, dopo Rocky IV, a Stallone non rimanesse che affrontare un alieno. In Predator Stallone non c'è, ma c'è il suo rivale al botteghino principale. Ha senso dunque che, accanto all'avversario nella vita reale, ci sia il suo più grande avversario nella saga di Rocky, Apollo Creed, alias Carl Weathers. Tra i due attori si instaura un'alchimia speciale. È davvero memorabile vederli fianco a fianco, alleati eppure in competizione per l'attenzione dello spettatore. Una sfida giocata a suon di carisma e bicipiti contratti.


 
La mega-sparatoria
C'è qualcosa di più liberatorio della sparatoria fuori controllo con cui il gruppo di Dutch spera di far fuori il misterioso stalker che li perseguita? Un volume di fuoco di questo genere non si era mai visto in una singola scena, ne si sarebbe mai più rivisto dopo. Si astengano gli amanti della natura.

 
Alan Silvestri
Dopo aver scritto l'immortale tema di Ritorno al futuro, Alan Silvestri fu ingaggiato per la colonna sonora di Predator. Lasciò anche qui il segno, con una serie di temi che avrebbero fatto scuola in questo tipo di cinema. Le sue musiche, crude ed emozionanti, sono il perfetto accompagnamento di questo action-horror pieno di sangue, suspense e grande azione, e un motivo ulteriore per amarlo.