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I vent'anni di Paura e delirio a Las Vegas, è ora di rivedere Johnny Depp in uno dei film più folli di sempre

Tanta droga e allucinazioni nel cult diretto da Terry Gilliam

22.05.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Una gara di moto, una convention sulle droghe, il resto è storia. Vent’anni fa usciva nelle sale americane Paura e delirio a Las Vegas, ormai diventato un cult per le nuove generazioni. Era il 22 maggio 1998. Il film fu un flop e guadagnò poco più di dieci milioni di dollari al botteghino, senza riuscire neanche a coprire le spese di produzione. Nel tempo è stato rivalutato, diventando un manifesto per chi non vuole prendersi troppo sul serio. 

Il “gonzo journalism”, ovvero la ricerca di una professione fuori da ogni regola, prende vita attraverso Raoul Duke, un reporter senza controllo e sempre strafatto. A seguirlo nelle sue stramberie è il Dr. Gonzo, il suo avvocato e compagno di avventure. Le impressioni personali mescolano le esperienze reali a quelle immaginarie, e anche un articolo di giornale si può trasformare in un intrigo delirante. Il film si ispira all’autobiografia di Hunter S. Thompson intitolata Paura e disgusto a La Vegas, già portato sul grande schermo nel 1980 in Where The Buffalo Roam, con Bill Murray e Peter Boyle, film mai distribuito in Italia. 
 
Terry Gilliam è l’uomo giusto per narrare una vicenda così fuori dai binari del realismo, che si misura con un tripudio di immagini che non diventano mai pretestuose. Con lui dietro la macchina da presa i colori si accendono, il racconto si frantuma e si ricompone in labirinti senza fine, dove risalta la forza dell’inconscio, i desideri più nascosti consumano gli individui, e la società è un mostro deforme che divora le sue creature. 
 
Così Gilliam vedeva il futuro ne L’esercito delle dodici scimmie, un luogo di degrado e disperazione. Ma anche il presente è un mondo stravolto, dove il sogno americano muore sulla sabbia del deserto. La beat generation deve accettare che la contestazione sta giungendo al termine, e i più giovani possono solo rifugiarsi in un universo parallelo. L’obiettivo è “sballarsi”, spingersi al limite per sentirsi eroi, e uscire da un’esistenza quotidiana opaca e schiacciante. Forse non è questa l’opera più riuscita del regista, non è l’indimenticabile Brazil, un nostalgico richiamo al passato per un’attualità insostenibile. Ma Gilliam mantiene alto il suo stile visionario, e cavalca le proprie ossessioni come forse nessun altro osa fare nel cinema moderno. Alcune sequenze sono memorabili, “mostruose”, come i lucertoloni ben vestiti che si aggirano per un cocktail bar da incubo: davvero paura e delirio, per citare il titolo che sembra un epigramma. 
All’inizio i protagonisti dovevano avere i volti di Marlon Brando e Jack Nicholson, poi scartati perché troppo avanti con gli anni per essere credibili. Si pensò anche a Jim Belushi e a John Malkovich, passando anche da John Cusack. Ma poi arrivarono Johnny Depp e Benicio del Toro. Il fatto sorprendente è che Terry Gilliam fu chiamato in un secondo momento, dopo che il meno blasonato Alex Cox rifiutò di prendere le redini del progetto. Il cinema ha guadagnato due ore di pirotecnica follia, dove ogni eccesso è lecito, pur di non pensare al fallimento, al rischio di passare inosservati. Grande colonna sonora, a cavallo tra i Jefferson Airplanes e Janis Joplin.