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Gillo Pontecorvo, cinque film per ricordarlo a dieci anni dalla morte

Un omaggio al grande regista italiano, indimenticabile e capace di arrivare a un passo dall'Oscar

11.10.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Nato a Pisa il 19 novembre 1919, Gilberto Pontecorvo detto Gillo moriva a Roma il 12 ottobre di dieci anni fa, nel 2006. "Uno sguardo nudo e aspro sul nostro tempo, una voce importante della cultura italiana del Novecento", lo definì Pietro Ingrao, suo amico dai tempi de L'Unità, nel dopoguerra. Un intellettuale che per tutta la sua vita ha saputo rappresentare il nostro Paese e il nostro cinema, mostrando al mondo intero come arte e impegno potessero - insieme - portare a grandi risultati.

Quelli che per esempio, ancora oggi il cinema statunitense riconosce e ricorda. Come in occasione della prima del suo La grande strada azzurra del 1957 a New York, o come quando fu Steven Spielberg stesso a celebrarlo durante la 50ª Mostra di Venezia, dove Pontecorvo doveva premiarlo con il Leone d'Oro alla carriera nell'anno di Schindler's List. "Anni fa in un ristorante di Hollywood un regista americano incontrò un regista italiano e gli disse: 'Sei tanto bravo, mi piacerebbe fare bei film come i tuoi'…", fu il racconto dello statunitense, che continuò spiegando di essersi trovato ad acquistare il Leone d'Oro vinto da Pontecorvo nel 1966, messo all'asta per sostenere la campagna di tutela dell'integrità delle opere cinematografiche, ma di essere lì per restituirglielo più che per riceverne un altro. "Ho fatto seimila miglia per riportartelo. Non si può comperare il talento di un autore", disse al commosso Gillo, che ribatté semplicemente: "Tienilo! È in buone mani!".

Scomparso a 87 anni, Pontecorvo - pur con un numero esiguo di film e una dozzina di documentari, da regista - resta uno dei più grandi autori del cinema italiano, oltre che indimenticato direttore della Mostra del cinema di Venezia dal 1992 al 1996 e poi presidente di Cinecittà Holding. Analogamente, ricordiamo e rendiamo un doveroso omaggio alle sue cinque opere fondamentali, in rigoroso ordine cronologico:



LA GRANDE STRADA AZZURRA (1957)
Finito ingiustamente nel dimenticatoio - anche negli States (come detto), nonostante la presenza nel cast di nomi del calibro di Yves Montand, Alida Valli e Terence Hill - la storia del pescatore sardo e del suo isolamento mostra già l'attenzione a un certo cinema sociale e la capacità di creare atmosfere e raccontare l'umanità dei suoi personaggi.

KAPO' (1959)
Il suo primo grande successo, con Susan Strasberg, figlia del regista teatrale e fondatore dell'Actor's Studio Lee. Un dramma ambientato nei campi di sterminio che venne nominato dall'Academy all'Oscar per il Miglior Film Straniero nel 1961 e che scatenò non poche polemiche, tecniche e contenutistiche.

LA BATTAGLIA DI ALGERI (1966)
Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 1966 e Nastro d'argento per la Miglior Regia, la quasi cronaca dell'indipendenza dalla Francia dell'Algeria gli valse anche la candidatura all'Oscar per il Miglior Film Straniero nel 1967 e per le Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Originale nel 1969. Un film corale, emozionante per montaggio e partecipazione, che ancora oggi è il probabilmente il suo più ricordato.

QUEIMADA (1969)
Ma politica e nazionalismo sono alla base anche del suo film successivo, ribelle e post-neorealista, che per mettere in scena la storia dell'avventuriero inglese incaricato di scatenare una rivuluzione anti portoghese nelle Antille, poté contare sul magnetismo di un maturo e intenso Marlon Brando, protagonista anche di accesi - e leggendari - scontri sul set, ma rimasto legato al regista da una sincera e duratura amicizia.

OGRO (1979)
Il suo vero e proprio addio al cinema, con il quale a 60 anni vinse un altro David di Donatello come Miglior Regista. Una nuova cronaca storica, questa volta incentrata sull'attacco del 20 dicembre 1973 della resistenza antifranchista basca contro l'erede del 'Generalissimo', Luis Carrero Blanco, ma nella quale in molti videro una allegoria del confronto tra la sinistra rappresentata dal PCI e quella extraparlamentare negli anni del rapimento Moro.