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Everest – La recensione da Venezia

Apre la Mostra il blcokbuster di Baltasar Kormakur, tragica storia vera con grandi immagini ma poca sostanza

Everest

02.09.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta), da Venezia
“Le sfide tra uomini non contano, è la sfida tra uomo e montagna l’unica a contare”. Il tema della lotta tra uomo e natura è uno dei più antichi della narrativa e il cinema ne ha fatto buon uso in più occasioni. Everest di Baltasar Kormakur non è che l’ennesima variazione sul tema: in esso, la sfida tra gli alpinisti e la montagna più alta del mondo si fa, sulla carta, carico di letture metaforiche sul superamento dei limiti umani che però il film, selezionato per l’apertura di Venezia 72, lascia convenientemente da parte per raccontare una storia di stampa hollywoodiano canonico sui tragici eventi che causarono la morte di otto persone nel maggio 1996, quando due spedizioni furono colpite da una tempesta mentre scendevano dalla vetta dell’Everest. Non può non esserci la volontà di dire qualcosa di più sulla natura umana, ma decisamente non viene fuori, e questo è il difetto più evidente di Everest.


L'INCONTRO CON IL CAST DI EVEREST

Tolto questo, rimane un’opera eseguita alla perfezione e capace di tenere incollati allo schermo per due ore senza cedimenti, a parte qualche (inevitabile) caduta nel patetico verso la fine. Kormakur è visibilmente intrigato dalle vite dei suoi protagonisti, a partire dalla guida montana Rob Hall (Jason Clarke), esperto scalatore che fu tra i primi a trasformare le ascese all’Everest in un business. In quei drammatici giorni, Hall guidò una spedizione di appassionati – interpretati da John Hawkes, Josh Brolin e Michael Kelly, tra gli altri – verso la vetta, ma una serie di ritardi fecero sì che una forte tempesta li raggiungesse prima che potessero arrivare all’accampamento. Ogni singolo personaggio è descritto bene con pochissimi tocchi, certamente i caratteri sono semplificati – inevitabile nel gestire un cast corale – ma non c’è ombra di macchiette. Forse il meno approfondito è lo Scott Fischer di Jake Gyllenhaal, guida concorrente di Hall che sceglie di allearsi con lui per la spedizione. Ma, in generale, Kormakur riesce a renderli tutti memorabili a loro modo, permettendo agli spettatori di distinguere ogni personaggio con chiarezza sin dal primo atto.

Le immagini sono altamente spettacolari, ottenute con un mix di riprese dal vero (in Nepal e sull’Everest, e in buona parte in Val Senales, Alto Adige), fondali sovrapposti in digitale e scene girate in studio. Il 3D è usato al suo meglio, per evocare un senso di vertigine particolarmente potente in un paio di inquadrature.


DIECI COSA DA SAPERE SU EVEREST

Peccato, dunque, che il tono di assesti su quello di un prevedibile biopic che cerca in ogni modo di essere rispettoso delle vittime, rendendosi innocuo nei contenuti. Ciò non toglie che Everest sia un blockbuster ben fatto, ma poteva essere decisamente più efficace.

In uscita il 24 settembre, Everest è distribuito in Italia da Universal. Qui il trailer.

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