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Aspettando Bad Boys: cinque grandi sequel usciti decenni dopo l'originale

Ecco le saghe che sono tornate molti anni dopo senza perdere smalto

Bad Boys for Life

18.02.2020 - Autore: Marco Triolo
Viviamo in un'epoca in cui la nostalgia la fa da padrona. I gusti del pubblico non invecchiano più come un tempo, e l'estensione dell'adolescenza e della giovinezza hanno trasformato anche i trenta-quarantenni in un target importante per il cinema d'intrattenimento. Ecco spuntare, dunque, sempre più omaggi al cinema degli anni '80 e '90, che rinasce sotto forma di sequel e reboot di titoli classici.

Realizzare un sequel a tanti anni di distanza dall'originale, però, può essere rischioso. Bisogna azzeccare la giusta miscela di novità e nostalgia, bisogna come minimo riportare in scena uno dei protagonisti storici, magari affiancandogli una nuova leva. È un business complicato.

Questa settimana arriverà nelle sale italiane Bad Boys for Life, terzo capitolo della saga iniziata da Michael Bay nel 1995. Il film originale fu il suo debutto alla regia di un lungometraggio, e contribuì a lanciare la stella di Will Smith al cinema. Smith torna, così come Martin Lawrence. E, anche se non torna Michael Bay, “non fallisce”, come si legge nella nostra recensione.

Per celebrare l'uscita di questo atteso sequel, ripeschiamo cinque grandi sequel usciti a molti anni di distanza dall'originale.



Il colore dei soldi (1986)

Un sequel d'autore, arrivato venticinque anni dopo l'originale. Ci voleva Martin Scorsese per riportare al cinema Paul Newman nei panni di Fast Eddie Felson, protagonista de Lo spaccone, affiancato da un giovane apprendista che ha il volto della superstar Tom Cruise. Due generazioni di rubacuori hollywoodiani a confronto, in un sequel che è anche l'omaggio di un grande regista al cinema che l'ha cresciuto.



Il padrino – Parte III (1990)

Sedici anni dopo la Parte II, Francis Ford Coppola riportò in scena la saga mafiosa più popolare di sempre. Il padrino – Parte III è considerato spesso non all'altezza dei primi due capitoli, ed è vero. Anche perché, diciamocelo, come si può sperare di fare qualcosa all'altezza di quei due capisaldi della cinematografia americana? Eppure è una conclusione necessaria, che porta a compimento l'arco di trasformazione di Michael Corleone (Al Pacino).



Mad Max: Fury Road (2015)

Trent'anni esatti tra questo quarto capitolo della saga di George Miller e il precedente, Mad Max – Oltre la sfera del tuono. Non solo Fury Road è un grande sequel, ma è decisamente migliore del precedente e al livello di Interceptor – Il guerriero della strada. Tom Hardy sostituisce Mel Gibson (non che Miller non ci abbia provato a includerlo, ma l'attore si è chiamato fuori a causa dei continui rimandi), e si dimostra un protagonista azzeccato. Anche se il vero protagonista è la Furiosa di Charlize Theron, guerriera post-apocalittica indimenticabile. Uno dei più grandi film dello scorso decennio: missione decisamente compiuta.



Star Wars: Il risveglio della Forza (2015)

Dopo una trilogia prequel odiata da tutti, la saga di Star Wars è tornata con questo sequel de Il ritorno dello Jedi, che riporta in scena i protagonisti classici (Harrison Ford, Carrie Fisher, Mark Hamill, ma anche Anthony Daniels e Peter Mayhew nei panni di C-3PO e Chewbacca), e introduce una nuova generazione di eroi e cattivi. J.J. Abrams fu incaricato del compito difficilissimo di ingraziarsi nuovamente il pubblico dopo tre film diventati un manuale di cosa non fare con un franchise. Riuscì nell'intento, anche se in maniera un po' troppo didascalica: Il risveglio della Forza è un'avventura classica eppure moderna, in cui tutti gli ingranaggi funzionano all'unisono.



Blade Runner 2049 (2017)

Non c'è Rutger Hauer, ma (anche qui) c'è Harrison Ford, affiancato da Ryan Gosling nei panni di un replicante dal cuore umano. Blade Runner 2049, prodotto da Ridley Scott ma diretto da Denis Villeneuve (ora incaricato anche di riportare al cinema Dune), è stato realizzato anche con il contributo dello sceneggiatore originale Hampton Fancher. C'è un enorme rispetto per il primo film, ma anche una grande voglia di raccontare una storia che si regga sulle sue gambe. Visivamente, Villeneuve sceglie di evitare, per buona parte del film, le ambientazioni notturne urbane sotto la pioggia che hanno reso iconico l'originale. Una scelta coraggiosa, ma che paga, perché impedisce a Blade Runner 2049 di essere solo un clone dell'originale.