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30 anni dalla morte di Sergio Leone, cinque modi in cui ha cambiato il cinema

Il 30 aprile 1989 moriva il regista di Per un pugno di dollari. Ecco quali sono stati i suoi più grandi contributi alla storia della settima arte

Sergio Leone

26.04.2019 - Autore: Marco Triolo
Sergio Leone moriva il 30 aprile 1989. Dieci anni prima di Stanley Kubrick, che abbiamo celebrato poco tempo fa. Entrambi giganti del cinema, entrambi scomparsi troppo presto. Ma la morte di Leone fu ancora più dura da mandare giù, perché il regista aveva solamente sessant'anni. E non aveva certo intenzione di andare in pensione anticipata: poco prima di morire si era infatti procurato un budget di 100 milioni di dollari per girare 900 Days, un'epopea sull'assedio di Stalingrado con Robert De Niro.
 
Nato nel 1929 a Roma da una famiglia di cineasti – il padre era il regista Roberto Roberti, da lui omaggiato poi con il nome d'arte Bob Robertson, la madre l'attrice Bice Waleran – Leone nella sua carriera ha diretto solamente sette film nel corso di 23 anni (otto, se contiamo anche Gli ultimi giorni di Pompei di Mario Bonnard, che proprio lui completò a causa della malattia del regista). Non si può dunque definire un autore prolifico, ma d'altro canto i suoi lavori non si possono definire semplici “film”. Sono racconti epici, che prendono il western, o il peplum o il cinema di gangster, e lo spogliano fino ad arrivare agli archetipi dell'antica Grecia. Che trascendono la ricostruzione del reale per arrivare al mito. “Il cinema deve essere spettacolo, è questo che il pubblico vuole”, diceva Leone. “E per me lo spettacolo più bello è quello del mito. Il cinema è mito”.
 
Insomma erano delle opere impegnative da girare, e la perfezione formale da lui raggiunta in film epocali come Il buono, il brutto, il cattivo o C'era una volta in America ci fa pensare che Sergio avesse ragione a non voler strafare. A dedicarsi a un progetto alla volta con tutto l'impegno necessario. Per quanto avremmo voluto vederlo proseguire ancora per altri vent'anni almeno, quei sette film sono una testimonianza eloquente di un grande uomo di cinema, dei suoi sogni, dei suoi ideali e delle sue ossessioni. Perciò, anziché lamentarci di quello che non abbiamo avuto, celebriamo Sergio Leone ricordando le cinque cose con cui ha lasciato il segno nella storia del cinema.

Ha inventato Clint Eastwood. Probabilmente il più grosso "effetto collaterale" dell'esistenza di Sergio Leone è l'esistenza di Clint Eastwood. Prima del suo coinvolgimento in Per un pugno di dollari, Eastwood era un attore televisivo nella serie Gli uomini della prateria (alias Rawhide). Aveva già superato i trenta e non era riuscito a imboccare la strada del cinema, e all'epoca la televisione non era quella di oggi. Se facevi TV non facevi cinema e, senza Sergio Leone, Clint probabilmente non avrebbe mai avuto l'opportunità di diventare una star, men che meno uno dei più grande registi americani di sempre. Tutto questo lo dobbiamo alla lungimiranza di Leone che, pur non avendo mai apprezzato a parole l'attore (è famosissima la battuta sulle due espressioni di Eastwood, con e senza cappello), ne intuì chiaramente il carisma magnetico.

 
Il suo nome è entrato nel lessico. Quentin Tarantino, che non ha un'educazione formale di cinema ma lo ha imparato a forza di consumare VHS in gioventù, al suo cameraman dice “Give me a Sergio Leone” quando deve girare il dettaglio degli occhi di un attore. O almeno questo sostiene la leggenda. Sta di fatto che fu proprio Leone a popolarizzare quel tipo di inquadratura strettissima sugli occhi, quel primissimo piano che ci apre una porta nell'anima del personaggio. È diventato un suo marchio di fabbrica al punto che, come la Nutella per le creme spalmabili, il suo nome ne è diventato sinonimo.

 
Ha portato il cinema d'autore al grande pubblico. Per tanto tempo è esistita una distinzione, del tutto arbitraria (vedi il caso di Kubrick), tra cinema popolare e cinema “d'autore”. Come se quel termine definisse un genere, anziché, per l'appunto, cinema realizzato da autori con una visione ben precisa. Sergio Leone era un autore, senza alcun dubbio. Aveva le sue idee, le sue ossessioni, un suo preciso modo di mettere in scena una storia. Uno stile che includeva lunghi momenti di silenzio seguiti da esplosioni di violenza. I suoi film richiedevano pazienza e concentrazione, erano lenti eppure spaccavano i botteghini. Hanno insegnato a più generazioni ad apprezzare la lentezza, l'attesa da cui deriva qualcosa di grande e memorabile.

Ha unito immagini e musica come mai prima. Paragrafo altrimenti detto “Ha inventato Ennio Morricone”, la cui stella, al pari di quella di Clint Eastwood, fu lanciata dalla trilogia del dollaro. La capacità di unire musica e immagini di Sergio Leone è qualcosa di arcano, paragonabile a quella di pochi cineasti (come il suo allievo Quentin Tarantino). Leone faceva comporre a Morricone il tema principale di un film prima delle riprese, in modo da farlo ascoltare agli attori sul set per motivarli e farli entrare nell'atmosfera, far loro capire la sua visione. Non è un caso che la musica diegetica sia così importante nei suoi film: il carillon di Douglas Mortimer in Per qualche dollaro in più e l'armonica di... Armonica in C'era una volta il West hanno un peso concreto nel plot e delineano il carattere dei personaggi più di mille parole.

 
Ha rilanciato il western. Eccoci arrivati al singolo contributo più importante di Sergio Leone al cinema. Prima di lui, il western era un genere stagnante, in declino. Dopo di lui risorse dalle ceneri. Al di là di averne rinnovato lo stile, avviando il filone “Spaghetti Western” (termine da lui odiato in quanto spregiativo), Leone si allontanò anche dai temi classici del genere (a parte C'era una volta il West) per parlare alle nuove generazioni che amavano un cinema più violento e dinamico, più smaliziato. Ciò contribuì a un rilancio del genere anche in America, dove i film di Leone ebbero grande successo. Negli anni '70, il western americano prese una direzione revisionista e politica, con capolavori come Un uomo chiamato cavallo e Corvo rosso non avrai il mio scalpo. Lo stesso Clint Eastwood divenne regista di western molto presto. Una ripartenza che segnala come l'interesse per il western fosse in risalita, e questo anche grazie alla passione e al genio di un ragazzo di Trastevere che sognava cowboy e indiani.

In occasione del trentennale della scomparsa di Sergio Leone, VIGGO presenterà uno speciale omaggio con un doppio spettacolo nelle sale dal 29 aprile al 7 maggio, con la versione restaurata di Per un pugno di dollari e il documentario Sergio Leone: cinema, cinema di Carles Prats e Manel Mayol. Si comincia con Torino al Multisala Massimo dal 29 aprile per proseguire a Milano (dal 30 aprile al Cinema Beltrade) e Firenze (dal 7 maggio al Multisala Principe).