Velvet Buzzsaw

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Thriller ambientato nel mondo dell'arte contemporanea di Los Angeles, dove gli artisti più quotati e i grandi collezionisti pagano prezzi esorbitanti quando l'arte e commercio vengono a contatto.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Velvet Buzzsaw
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Netflix
DURATA
102 min.
USCITA CINEMA
01/02/2019
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2019
di Pierpaolo Festa

Velvet Buzzsaw è la chiccha di febbraio su Netflix. Un horror che remixa elementi horror visti e rivisti, e che nel farlo si affida totalmente a un cast potentissimo. Un gruppo di attori arrivato sul set per divertirsi e dare a vita (e in alcuni casi morte) a personaggi sorprendenti. Prendiamo per esempio Jake Gyllenhaal che ancora una volta si conferma il migliore attore della sua generazione: un performer che non ha paura di trasformarsi né di scegliere ruoli che difficilmente si fanno strada nel cuore dello spettatore. Eccolo con un taglio di capelli inedito, un paio di occhiali alla Clark Kent e un lessico esagerato da intellettuale che guarda il resto dell'umanità dall'alto del suo trono. Un critico d’arte, uno degli ultimi critici le cui parole possono assicurare il futuro di artisti e galleristi. O smantellarlo con una sola recensione. 

Peccato che il suo talento operi nel momento in cui a Los Angeles iniziano a spopolare dei dipinti trovati nella casa di un artista sconosciuto, un ultrasettantenne appena morto. Dipinti che sono in grado di colpire in profondità chi guarda. Anche perché quegli stessi disegni sono posseduti da entità maligne. Sembra un concept alla Il seme della follia (lì erano i romanzi a far impazzire la gente), ma la verità è che al regista Dan Gilroy interessano più i personaggi che la storia horror. Gilroy già autore del bellissimo Lo sciacallo – Nightcrawler e dell’ottimo thriller d’ufficio End of Justice, torna a filmare Los Angeles per raccontare il lato oscuro della Città degli Angeli. Lo aveva già fatto nei suoi film precedenti, questa volta va all-in cercando di rintracciare tutto il male di “Hell A.”. 
 
Un inferno dove si arriva attraverso eccessi e follie. Una città la cui pazzia provoca anche un effetto ironico: d’un tratto guardiamo questi personaggi poco piacevoli e proviamo perfino tenerezza nei loro confronti. La Los Angeles artistica di Gilroy strizza l’occhio a quella che Lynch ha raccontato in Mulholland Drive: un luogo popolato da persone che hanno venduto l’anima al diavolo per seguire denaro e vanità. Un posto non raccomandabile (tutte le inquadrature della città dall'alto sono inquietanti) ma con un magnetismo innegabile a cui è impossibile sfuggire. Vediamo questi personaggi cadere uno per uno. O forse per un po' non vediamo l’ora che cadano. Ma ecco la bellezza del film: il momento in cui capiamo che alcuni di questi protagonisti non hanno scampo coincide con lo stesso attimo in cui ci siamo affezionati a loro.
 
Mai all’altezza dei suoi film precedenti (ma in realtà non vuole nemmeno esserlo) questo terzo film di Dan Gilroy è un horror divertente e intelligente. Affascinante a partire dal suo titolo, quella sega circolare di velluto tatuata sulla schiena di Rene Russo, attrice dimenticata dagli studios che ritroviamo sempre con grande piacere.