Vallanzasca - Gli angeli del male
La storia della famigerata banda criminale che terrorizzò la Milano borghese degli anni '70 con un numero impressionante di rapine, sequestri, omicidi ed evasioni, che costarono al suo capo ben quattro ergastoli per una pena complessiva di 260 anni di reclusione.
Sergio Leone era solito dire che “Il cinema dev'essere spettacolo, è questo che il
pubblico vuole. E per me lo spettacolo più bello è quello del mito”. Michele Placido pare aver seguito questa lezione con il suo nuovo film, “Vallanzasca – Gli angeli del male”.
Al di là di una ricostruzione storica accurata, che ripercorre con
fedeltà le tappe della carriera criminale di uno dei furfanti più
iconici della nostra storia, Placido non tenta (o non riesce in)
una decostruzione del personaggio, non smonta il mito per capire quanto
di marcio e squallido vi si nasconda dietro. No, il Renato Vallanzasca di Kim Rossi Stuart è esattamente quello che appariva nei notiziari, spaccone, simpatico,
seducente e pieno di quel fascino proibito da angelo che è stato sedotto
da un “lato oscuro un po' più pronunciato”.
Naturalmente, si sono scatenate le polemiche: i familiari delle vittime
hanno accusato il regista di aver realizzato l'apologia di un assassino.
Ma se da un lato Placido non nasconde una certa simpatia per il suo
protagonista, dall'altro è anche vero che non si può mai dare retta a
polemiche di questo genere, anche se mosse da ragioni condivisibili,
perché altrimenti nessuno più potrebbe fare film sugli antieroi. Certo,
il regista sapeva quello a cui andava incontro, e molto probabilmente è
uno che ama gettare benzina sul fuoco. E se, come è apparso dalle sue
dichiarazioni, la sua idea era quella di restituire un ritratto senza
compromessi dell'uomo-Vallanzasca, al di là della sua aura di Robin Hood
moderno, allora possiamo dire che ha fallito. Ma nel fallimento, Placido ha creato qualcosa che nel nostro cinema manca del tutto: un prodotto medio di grande valore,
un film ben scritto, egregiamente diretto, con ottimi attori e che
mantiene un ritmo pulsante dall'inizio alla fine. E non è cosa da poco.
Gli attori, dicevamo: Kim Rossi Stuart dimostra ancora una volta la sua
bravura, anche se a volte il finto accento milanese non funziona a
dovere. Ma Stuart ripaga il difetto con l'intensità di chi sa condurre
un film da vero protagonista. Al suo fianco, ci sono un ottimo Francesco Scianna e un Filippo Timi un po' troppo sopra le righe ma efficace. In ruoli minori troviamo
Valeria Solarino e soprattutto due volti di sicuro richiamo
internazionale: Moritz Bleibtreu e Paz Vega. Bleibtreu, abbiamo scoperto, è doppiato solamente perché non ha avuto il tempo di perfezionare il suo già ottimo italiano.
La regia, come sempre nei lavori di Placido, è professionale, a tratti
interessante (specialmente all'inizio, quando al pestaggio di
Vallanzasca subentra il flashback con un montaggio alternato), ma mai
entusiasmante. Però funziona a dovere, e tanto basta. Una cosa è certa: “Vallanzasca”
non cambierà il modo in cui il celebre bandito è percepito a livello
nazionale e internazionale. Ma potrebbe cambiare il volto del nostro
cinema, se sempre più produttori e Studios (il film è della Fox)
capiranno che il genere può attecchire anche nel contesto italiano, come
faceva un tempo. Incrociamo le dita.