

Uomini di Dio

Un monastero in mezzo alle montagne aglerine negli anni 1990... Otto monaci cristiani francesi vivono in perfetta armonia con i loro fratelli musulmani. Progressivamente la situazione cambia. La violenza e il terrore integralista si propapagano nella regione. Nonostante l'incombente minaccia che li circonda, i monaci decidono di restare al loro posto, costi quel che costi.

Presentato quest'anno in concorso al Festival di Cannes, e fino all'ultimo giorno ritenuto come uno dei favoriti per il massimo premio (si è invece “accontentato” del Gran Premio della Giuria), “Uomini di Dio” sconta prima di tutto un errore prettamente italiano: il titolo italiano. Da un “Des Hommes et des Dieux”,
ovvero una sorta di “a proposito degli uomini e degli dei”, si è
passato al riduttivo “Uomini di Dio”. Qualcosa che allontanerà
sicuramente buona parte del potenziale pubblico di questa pellicola.
Nonostante si parli infatti della tragedia che coinvolse un gruppo di frati trappisti di tre diversi monasteri in Algeria sequestrati nella
notte tra il 26 e il 27 Marzo 1996 da un gruppo di terroristi islamici,
il film è tanto cristiano nel tema quanto “laico” nell'approccio. Non
c'è critica alla Chiesa o ai suoi uomini, non è un film “contro
qualcosa” (neanche contro il terrorismo di natura religiosa), ma un ritratto forse crudo, ma comunque articolato, della fede che anima le gesta e i comportamenti dei suoi protagonisti.
Uomini (non “di Dio”, ma da lui ispirati) che vivono le proprie
debolezze e dubbi come chiunque altro quando si parla delle
proprie esistenze e del migliore modo per continuare a perseguire i
propri progetti/ambizioni davanti a un ostacolo, che sia questo anche la
morte.
Il film di Xavier Beauvois è sicuramente ostico ed a rischio sbadiglio, ma ha il merito di restare impresso nelle menti e negli occhi dei suoi spettatori. E' uno di quei film che, per merito sia del cast che
della sceneggiatura, si rivaluta a distanza di tempo, quando ci si
rende conto che ha lasciato qualcosa dentro, che sia una riflessione a
tutto tondo o un semplice punto di partenza. Lambisce il rischio di diventare un'apologia della scelta dei frati, rimasti nel convento nonostante fossero sicuri che così li sarebbero venuti a prendere (e uccidere), per diventare un ben più profondo spaccato di verità che mostra semplicemente le cose come sono andate, senza
drammatizzazioni o moralismi. E se questo finisce per diventare un
grande manifesto a favore delle buone opere che migliaia di frati e
missionari svolgono in tante parti del mondo, tanto meglio. E'
successo, succede ora e non ci si può augurare che succederà anche in
futuro. La sempre “ribelle” Francia ha candidato “Uomini di Dio” come suo rappresentante ai prossimi premi Oscar: una bella e vera dimostrazione di laicità.
La pellicola è distribuita nelle sale dalla Lucky Red
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