Un bacio romantico
La giovane Elizabeth intraprende un lungo viaggio in America alla scoperta della sua anima, per risolvere la sua problematica situazione sentimentale. Lungo la sua strada incontrerà una serie di bizzarri personaggi..
Come sempre, la bellezza e l'importanza del cinema di Wong Kar Wai non sta nella storia, ma nella messa in scena, che mai come in questo caso si fa evocativa di sensazioni profonde senza essere esteticamente invasiva, come ad esempio era successo con il comunque rilevante “2046” (id., 2004).
Pur mantenendo i intatti i suoi stilemi principali, il regista riesce comunque a dosarli con incredibile equilibrio, arrivando a toccare il cuore dello spettatore con una messa in scena a dir poco straordinaria, che soprattutto nella prima parte ci regala davvero momenti di emozione purissima, con una scena in particolare che già entra di diritto nella storia del cinema più recente. L'immagine è sempre calda, preziosa nel suo essere costantemente orientata verso una ricerca cromatica originale ed espressiva: la ricerca stilistica del grande direttore della fotografia Darius Khondji sotto questo punto di vista contribuisce in maniera decisiva a creare una visione densissima e calda, perfetta espressione della poetica dell'autore di “In the Mood for Love” (Fa yeung nin wa, 2000).
Dal canto suo poi il regista dirige con amore un gruppo attori tutti in stato di grazia, a partire dall'esordiente Norah Jones, capace di emozionare con un semplice guardo, od un silenzio trattenuto. Accanto a lei, partecipi di una sequenza di storie e dolori di cui la dolce Elizabeth (la Jones appunto) è protagonista, caratteristi di spessore magnetico come Jude Law, David Strathairn, Natalie Portman e soprattutto una Rachel Weisz mai fino ad ora così bella.
Se dobbiamo proprio trovare un difetto a questo lungometraggio suadente, esso va ricercato nella seconda parte della vicenda, quando entra in scena il personaggio di Leslie (Portman): da quel momento la narrazione e conseguentemente la messa in scena perdono un minimo di fascinazione e di presa emotiva sul pubblico, rimanendo comunque su un livello cinematografico di indubbio valore.
Il 60° festival di Cannes è stato aperto come meglio difficilmente si sarebbe potuto: il malinconico “My Blueberry Nights” si presenta come una sinfonia quasi perfetta di immagine, suono e movimento. L'eleganza di Wong Kar Wai viene splendidamente rivelata da un film emozionante, preciso nel ritmo, finemente cesellato nella sua confezione. Non ci sorprenderebbe affatto vedere questo emozionante lavoro tra i favoriti per la vittoria finale, e con indiscutibile merito.