The illusionist
La fama di un illusionista viene oscurata dalle rock star emergenti della zona. Costretto ad accettare di esibirsi in situazioni precarie come piccoli teatri, feste in giardino e nightclub, l'insoddisfatto illusionista incontra un fan che cambierà la sua vita per sempre.
di Andrea d'Addio
Sono passati sei anni da quando Sylvain Chomet realizzò lo splendido "Appuntamento a Belleville", uno dei più bei esempi di animazione europea di sempre. Ancor più tempo però è trascorso da quando l'immenso Jacques Tati scrisse la sceneggiatura di "L'illusioniste"
senza però, purtroppo, mai riuscire a portarla sul grande schermo.
Troppi problemi finanziari, tanti film e sceneggiature sotto sequestro
a causa dei continui problemi finanziari impedirono a Tati di essere
più grande di quanto già non fosse. Grazie alla scelta di Chomet di
riprendere il suo copione e adattarlo ai colori e alle forme
dell'animazione, la sua carriera artistica continua a distanza di
ventotto anni dalla morte.
"L'illusioniste" di Chomet riesce
ad essere sia omaggio che grande cinema. La malinconica ed elegante
comicità di Mr. Hulot si sposa perfettamente con le atmosfere sornione
e poetiche di Chomet, mondi di silenzi e cori in sottofondo, di
uomini tacitamente amici, amanti, familiari, senza che una parola debba
essere detta. Il suo è un film muto eppure carico di emozioni, di
dinamiche relazionali costruite su piccoli, ma intensi, elementi
narrativi. Il rapporto tra il tenero, anziano, prestigiatore e la
ragazzina di provincia che è pronta a credere a tutto diventa la storia
di una favola che non ha bisogno del lieto fine. Sullo sfondo si
racconta infatti la fine dell'epoca dello spettacolo dal vivo, di quel
varietà fatto di illusionisti, ventriloqui, acrobati e pagliacci che
lasciò gradualmente spazio alla televisione fino a scomparire. Chomet ha
la capacità di disegnare come se scrivesse una poesia, scava in un
comune senso di tenerezza dei nostri cuori che nessun cinismo riesce
mai a farci mettere da parte, fa appello ad un'infanzia che abbiamo
tutti in comune non in termini di esperienza, ma di suggestioni. Se ci
si lascia andare, fin da subito gli occhi diventano lucidi.
Da una parte la storia, dall'altra una regia fatta di quadri in
sovrapposizione, di suoni narratori e di disegni che rendono ogni
oggetto e personaggio una maschera che racconta fuori tutto quello che
ha dentro. L'illusionista che entra al cinema e incontra il vero Mr.
Hulot è da brividi per sensibilità e ironia. Se c'è un difetto in
questo film, è la sua breve durata, solo '80 minuti. Per il resto,
parliamo di una pellicola di cui, a distanza di tempo, ci si ricordera
ancora dove, a che ora e con chi la si è vista. I maghi non esistono,
dice il protagonista, ma la magia del cinema ogni tanto riappare.