The Company Men
Tre impiegati di una multinazionale tentano di sopravvivere e conservare il proprio lavoro nonostante la fusione con un'azienda più grande, ma la situazione non manca di influenzare profondamente la loro condizione economica e familiare sconvolgendo le loro esistenze.
Ben Affleck è un grande. …Siete ancora qui oppure avete abbandonato la rubrica
perché nel giro di un secondo avete rivisto nella vostra mente le
immagini di “Pearl Harbor”, “Daredevil” e “Amore estremo”?
La ragione per cui lodiamo Affleck è evidente: bisogna essere proprio
bravi e determinati per ripulire il proprio curriculum cinematografico,
lasciandosi alle spalle gli errori del passato e ricostruendo una nuova
dimensione artistica. Il bravo Ben lo ha fatto, passando anche dietro la
macchina da presa con due notevoli pellicole – il sorprendente “Gone Baby Gone” e l'ottimo “The Town” (da noi votato tra i migliori del 2010) - e scegliendo di interpretare un film come “The Company Men”, pellicola destinata a rimanere fuori dai radar delle sale italiane.
Nell'era del deludente sequel di “Wall Street” e di pellicole verbose come “Margin Call” (qui il nostro incontro con Kevin Spacey),
Hollywood trova il coraggio di avvicinarsi abbastanza ai colletti
bianchi travolti dalla crisi ed esplorare il dramma nel momento in cui
si sono visti il mondo crollare addosso e hanno dovuto lasciare le
scrivanie, mandati a casa per direttissima dai loro capi che non
potevano più permettersi di pagarli con assegni a sei cifre.
Il film, diretto da John Wells (uno degli sceneggiatori di “The West Wing”
al suo debutto al cinema), può sì avere una confezione televisiva che
poco si addice a un pubblico di massa sempre più alla ricerca dello
spettacolo, ma si tratta di una delle migliori prove attoriali della stagione.
Una pellicola corale che segue la storia di tre executives
improvvisamente licenziati dopo che la multinazionale per cui hanno
lavorato per anni ha dovuto tagliare il personale. I tre reagiscono in
modo diverso davanti alla catastrofe: il più giovane (Affleck), abituato
a vivere in una casa a dieci camere e andare in giro con la Porsche tra
una partita di golf e l'altra, ha difficoltà ad abbandonare il lusso
della sua vecchia vita. Il più saggio (Tommy Lee Jones) incassa il colpo, deciso a rimettersi in piedi al più presto, senza mai perdere la calma. Infine quello disperato (Chris Cooper in un'altra prova memorabile) continua a fingere di andare al lavoro, tentando invano di schivare l'instabilità.
“The Company Men”
è anche interessante quando si sofferma sui contesti familiari di
ognuno dei personaggi: c'è chi ha la fortuna di avere una famiglia che
lo supporta sempre e comunque, chi invece ha trascurato la propria ed è
ormai troppo tardi per riprendersela, e chi ha anestetizzato i problemi
di una vita con l'alcool. La pellicola di Wells riesce sempre a
trattare il dramma dei protagonisti senza mai ricamarci sopra:
certamente la crisi non è solo questo e la disperazione può schizzare ai
massimi livelli da un momento all'altro, ciononostante il regista
riesce a mettere in scena toni intensi e allo stesso tempo delicati,
affidandosi ai suoi ottimi attori. Una menzione speciale va a Kevin Costner, che in un piccolo ruolo interpreta il burbero cognato di Affleck, un personaggio forte e credibile.