Terminator: Destino Oscuro

Terminator: Destino oscuro

Sarah Connor è tornata da molto lontano e si sta preparando con un gruppo di nuovi agenti a combattere contro un complesso nemico: il T-1000.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Terminator: Dark Fate
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
20th Century Fox
DURATA
128 min.
USCITA CINEMA
31/10/2019
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2019
di Pierpaolo Festa

Niente può fermare il giorno del giudizio. Nemmeno tre sequel brutti (il mediocre Terminator 3, l’orrendo Terminator Salvation e il risibile Terminator Genysis). Forse Hollywood se lo merita veramente "il giorno del giudizio", specialmente per come ha cercato di spremere la saga creata da James Cameron nel 1984, dissanguandola di tutta quella epica che il regista le aveva regalato. Lo aveva fatto con il primo capitolo, un classico della fantascienza girato come un film indipendente, e con il secondo che è il “film-caso” quando si tratta di sequel superiori all’originale (no, il primo Padrino vince ancora sul secondo). Per far riprendere quota alla saga è dovuto tornare Cameron, autore del soggetto e produttore di Terminator: Destino oscuro, un film che è più "onesto fan-service" con qualche interessante novità che tentativo riuscito di resuscitare un franchise che ha ormai ben poco da dire. 
 
Lo schema di Terminator 2 si ripete: i personaggi iconici ritornano ma interpretano ruoli diversi. A Sarah Connor viene fatto un “upgrade”: è lei l’eroina della nuova storia. L’intero film è costruito sulla figura di questa donna così intelligente da prevedere le mosse degli umani e altrettanto impavida da essere in grado di “terminare i Terminator” arrivati dal futuro. Del resto lo fa da almeno trentacinque anni.

Eccola dunque pronta a proteggere nuovi umani che un giorno saranno gli eroi dell’apocalisse. Questo sesto Terminator ignora il terzo, quarto e quinto film del franchise e arriva puntualissimo per fare la sua ottima parte nel gender equality hollywoodiano (ci sono tre donne come protagoniste) e tenere testa alla politica di odio verso i latinos dell’attuale presidente degli USA. Il nuovo film è ambientato soprattutto in Messico, con gran parte del primo atto recitata in spagnolo. Perfino il cattivo di turno, il Rev-9 (versione aggiornata del T-1000, interpretato ottimamente da Gabriel Luna che ci colpisce con il suo sorriso mortale) è latino.  
 
Alla macchina da presa c’è Tim Miller (ha diretto il primo Deadpool), entrato nel progetto con il benestare di Cameron e pronto a prendere le cianografie di quel secondo capitolo diretto dal regista per ripresentarle in versione aggiornata. La cosa risalta agli occhi con un inseguimento su quattro ruote un po’ troppo digitale per far rimpiangere la bellissima sequenza del film del 1991 in cui Schwarzenegger in sella a una moto sfuggiva a un camion.  
 
Il genderswap con le donne in pole position regala al film freschezza e anche la possibilità di sorprendere: Sarah Connor nei suoi monologhi racconta i traumi del passato, l’alcolismo, la disperazione e allo stesso tempo riesce a far sorridere. Linda Hamilton conosce il personaggio da cima a fondo e con questa sua performance mette in risalto gli anni della sua assenza al cinema: un’attrice costantemente sottovalutata da Hollywood che non le ha mai regalato le giuste opportunità all’esterno di questa saga. 
 
Finché stiamo sulla Connor e la guardiamo recitare le sue battute dure con gli occhi inumiditi, il film è alta qualità. Quando poi i personaggi sono costretti a rientrare nella trama e nella fuga, allora Destino oscuro rallenta: non può far nulla nemmeno la new entry Mackenzie Davis, umana "rinforzata" tecnologicamente e in grado di combattere i cyborg. Il personaggio più sprecato del film. 

Meno male che a quel punto arriva SchwarzeneggerArnie ha interpretato Terminator in tutti i film della serie tranne uno (nel quale comunque era ricreato in digitale) e tutte le volte ha regalato un livello ulteriore di umanità al cyborg a cui deve la carriera. Il suo T-800 passa da protagonista a un ruolo di supporto: rimane in scena una trentina di minuti, utilizzato in maniera intelligente. Dosato come Joss Whedon faceva con Hulk nel primo Avengers: lui entra in scena e solo in quel momento i buoni hanno una possibilità di riuscita. 

In questa fuga dalle sequenze action divertenti ma non rivoluzionarie, sono pochi i momenti adrenalinici che lasciano il segno: la Connor che pronuncia "I'll be back" lanciando una granata da un ponte è una sorpresa, e l’inquadratura del Rev-9 braccato fisicamente da una trentina di soldati, tutti destinati a morire, risalta agli occhi. Ma la resa dei conti è troppo lunga, sebbene includa un interessante primo scontro ambientato nella carlinga di un aereo. Questo nuovo Terminator, tanto agognato come reboot, è semplicemente “ottimo fan-service” che non regala alla saga tante possibilità di continuare a vivere. Un’apocalisse diventata un vicolo cieco narrativo. Con poche sorprese, pochi brividi epici. Rimangono le icone di Schwarzenegger e della Hamilton, destinate a essere ricordate anche all’esterno di tutti questi film.