Spielberg

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Steven Spielberg ha costruito un catalogo impareggiabile di film rivoluzionari nel corso di quasi cinquant'anni. In questo documentario, Spielberg si sposta davanti alla macchina da presa e si confida sulle sue principali influenze e motivazioni, mentre condivide storie inedite su alcuni dei suoi film più importanti. Rivisitando una filmografia straordinariamente varia, il documentario rivela come le esperienze di Spielberg abbiano nutrito il suo lavoro e lo abbiano modificato nel tempo, mettendo in evidenza i temi ricorrenti delle sue opere: il distacco, la riconciliazione, il patriottismo, l'umanità, la meraviglia.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Spielberg
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DURATA
147 min.
USCITA CINEMA
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2017
di Marco Triolo (Nexta)

Una durata di due ore e venti minuti potrebbe spaventare, specialmente quando si parla di un documentario. Ma, in retrospettiva, era l'unica durata possibile per un film su Steven Spielberg e la sua carriera lunga più di quarant'anni a Hollywood. Perché sono davvero tanti i film da lui realizzati che hanno segnato in un modo o nell'altro la storia del cinema americano, e soprassedere su alcuni solo per tagliare un po' la durata sarebbe stato un peccato. E un vero spreco.
 
Spielberg, documentario prodotto dalla HBO e diretto da Susan Lacy, creatrice della serie di documentari TV American Masters, è un film onnicomprensivo eppure focalizzato, esattamente come la carriera di uno dei maestri indiscussi dell'intrattenimento americano. È in grado di dipingere un ritratto complesso e sfumato di Spielberg, sia della sua carriera che della sua vita privata, e ne racconta l'ascesa alla vetta di Hollywood sin dai tempi dei primi lavori televisivi e del cortometraggio Amblin'. Che, oltre a dare il nome alla sua storia compagnia, ha dimostrato a chi contava a Hollywood cosa un giovane e ambizioso regista ebreo proveniente dall'Arizona potesse fare. 
 
C'è una tendenza, ovviamente, all'agiografia, perché si tratta pur sempre di un individuo integerrimo concentrato da sempre sul lavoro e ben poco sul gossip, una macchina da guerra capace di sfornare film a ripetizione (contando su un team di professionisti ormai collaudatissimo, come viene spiegato nel documentario). È difficile trovare ombre nella vita e nella carriera di Spielberg, a patto di accettare il suo orientamento verso un cinema che non si vergogna di essere commerciale pur risultando allo stesso tempo innegabilmente artistico. Eppure Susan Lacy non esita a indagare sugli insospettabili limiti dell'autore, ad esempio rivelando come Spielberg abbia coscientemente deciso di tagliare gli aspetti più espliciti de Il colore viola perché, come lui stesso ammette, era timido e non se la sentiva di parlare di sesso in maniera aperta.
 
La regista si premura di intervistare non solo Spielberg in persona, ma anche molti degli attori, registi e sceneggiatori con cui ha lavorato negli anni o che gli sono stati vicini, oltre ai suoi famigliari: le tre sorelle e gli anziani genitori, riuniti oggi dopo un divorzio che li aveva allontanati per tanto tempo. Una scusa per parlare anche di alcune delle ossessioni di Spielberg, di alcuni dei temi che lo hanno accompagnato per tutta la carriera e che sono scaturiti proprio dalla crisi del suo nucleo famigliare e dalla percepita distanza del padre (a cui molto tempo dopo si sarebbe riavvicinato): dal padre assente di E.T. a quello di Prova a prendermi e fino alla riconciliazione tra Harrison Ford e Sean Connery in Indiana Jones e l'ultima crociata, tutto assume un senso ulteriore, tutto sembra far parte di un lungo processo di elaborazione dei propri traumi espresso con una limpidezza invidiabile da Susan Lacy. È questo il suo merito: aver messo ordine nell'estenuante e interminabile ricerca personale di un regista percepito, negli anni, come autore di vani, seppur ben confezionati, filmetti d'intrattenimento. Lacy parte proprio da una vecchissima recensione di Sugarland Express, in cui si lodava l'abilità del giovane Spielberg ma ne si metteva in dubbio la profondità oltre la facciata, per arrivare a dire l'esatto opposto. Cioè che anche nei suoi film di intrattenimento Spielberg ha sempre inserito, forse inconsciamente, un fil rouge autoriale evidentissimo.
 
Scorsese, Coppola, De Palma, J.J. Abrams, Harrison Ford, Richard Dreyfuss e Leonardo DiCaprio sono tra gli autori e attori intervistati per l'occasione. Ciascuno di loro dice la sua su come l'opera di Spielberg abbia avuto un impatto ineguagliato nel cinema mainstream e su come la più incredibile caratteristica di Spielberg sia il suo innato istinto per la narrazione visiva, il fatto che “parli cinema come fosse la sua prima lingua”. Scorsese rivela come, a volte, si ritrovi a vedere spezzoni di film di Spielberg in TV senza sonoro, perché tanto sono comprensibili ugualmente. Ma la frase che riassume tutto al meglio la pronuncia DiCaprio: “Pensi a quel ragazzino nel deserto dell'Arizona, mentre guarda film e televisione senza sosta; a come un giorno si sia intrufolato in uno studio e abbia manifestato il suo destino. È una storia hollywoodiana piuttosto fantastica”. Lo è di certo.