

Robin Hood

Nell'Inghilterra del 13simo secolo, Robin Hood, un arciere esperto interessato solo a sé stesso, dopo la morte di Riccardo Cuor di Leone, torna a Nottingham, una città colpita dalla corruzione di uno sceriffo despota e dalle tasse. Lì s'innamora della vedova Lady Marian, una donna scettica sull'identità e sulle motivazioni di questo eroe della foresta. Nella speranza di conquistare Marian e salvare il villaggio, Robin riunisce un gruppo di mercenari dalle abilità letali a cui corrisponde il suo appetito per la vita. Insieme deprederanno l'alta nobiltà per combattere le ingiustizie dello sceriffo.

I primi quaranta minuti sono certamente la cosa migliore che Ridley Scott abbia realizzato negli ultimi anni: era dai tempi di “Black Hawk Down”
che non saltava fuori tutta la passione del regista nel ricostruire
l'azione e lo spettacolo, tenendo d'occhio allo stesso tempo un certo
realismo storico. Superata quella soglia in cui ci presenta
l'Inghilterra nell'era post- Riccardo Cuor di Leone, Scott si focalizza
sulla mitica figura dell'eroe ed è lì che il film gli sfugge di mano.
Il suo “Robin Hood”
è certamente un'avventura all'insegna dell'intrattenimento, una
pellicola con cui regista e attore riecheggiano l'operazione di mega
successo del “Il gladiatore”.
L'obiettivo di Sir Ridley era quello di raccontare una origin story:
chi era in realtà l'arciere di Sherwood? Cosa è successo prima che
diventasse l'eroe che rubava ai ricchi per dare ai poveri? Peccato che
la sceneggiatura di Brian Helgeland (scrittore di talento che ha già
adattato “Mystic River” e il recente “Green Zone”)
d'un tratto rallenti la sua galoppata rimanendo vittima di diversi
scivoloni. Scott prova a mantenere un equilibrio tra storia e
spettacolo, ma inevitabilmente finisce per privilegiare il secondo,
perdendo per strada l'elemento storico e con esso anche il carisma del
suo personaggio. E se le battaglie sono comunque spettacolari -
specialmente quella finale che è una specie di versione a cavallo dello
sbarco in Normandia di “Salvate il soldato Ryan” - sono tanti i momenti in cui ci si sente smarriti a livello narrativo.
Ci manca il Robin Hood che siamo abituati a vedere sullo schermo, da Sean Connery a Kevin Costner, passando per l'indimenticabile volpe del capolavoro di Walt Disney. L'eroe interpretato da Russell Crowe è
più umano, sa essere violento, approfittatore ma anche capace di aprire
il suo cuore. Ma il machismo non basta a rendere il personaggio
memorabile, anche perché Crowe non riesce a catturare il pubblico e si
dimostra troppo legnoso rispetto ai suoi standard.
Ottima, invece, la Lady Marian interpretata da Cate Blanchett:
l'attrice brilla sempre per la sua bellezza e riesce anche a infondere
un certo carisma action nel cuore del suo personaggio. Impeccabile il
cast di comprimari – da William Hurt nei panni del consigliere di corte a Oscar Isaac in quelli di Giovanni,
futuro Re d'Inghilterra senza spina dorsale. E continuiamo a tenere
d'occhio il sempre perfido Mark Strong (già visto in
“Sherlock Holmes”), che ancora una volta dà vita ad un cattivo degno di
nota . C'è anche Max von Sydow, nei panni del mentore dell'eroe: i suoi
primi minuti in scena vi faranno venire voglia di alzarvi ad applaudire,
ma poi lo vedrete darci dentro fin troppo, sconfinando e finendo anche
lui per gigioneggiare.
Nel ricostruire l'avventura, Scott si
scatena tra dolly, campi lunghi, rallenti e inquadrature velocizzate,
il tutto sulla splendida cornice delle scogliere gallesi nelle quali la
troupe ha ricostruito l'Inghilterra del dopo crociate, spendendo almeno
centocinquanta milioni di dollari. La quinta collaborazione artistica
tra Sir Ridley e Crowe è certamente il film migliore del duo dai tempi
de “Il gladiatore”, ma non si ha la certezza che questo “Robin Hood”
riesca nel futuro a rimanere memorabile tra i tanti film sull'eroe di
Sherwood già portati sullo schermo … compresa la versione di Mel Brooks.