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Page Eight
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Johnny Worricker è un ufficiale anziano in forza al M15. Quando il suo capo e migliore amico Benedict Baron muore improvvisamente lasciandogli un file misterioso in affido, l'uomo capisce che la stabilità dell'organizzazione è a rischio. Nel frattempo l'uomo fa conoscenza con la sua nuova vicina di casa, la bella attivista politica Nancy Pierpan. Un incontro che appare tutt'altro che casuale.
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Non c'è niente di meglio della classe britannica per esplorare il lato
oscuro dei servizi segreti. Non ci riferiamo soltanto a doppiogiochisti e
complotti di stato, ma soprattutto alla possibilità di avere uno
sguardo a trecentosessanta gradi sull'animo spento di chi ha messo
un'intera vita al servizio del lavoro sporco del governo.
Dopo “La talpa” (qui la nostra recensione) - o forse anche prima, dal momento che “Page Eight”
è stato trasmesso dalla BBC qualche mese fa – gli agenti segreti al
servizio di Sua Maestà tornano a essere imperfetti e oltremodo
malinconici. Il film ci offre spaccati di vita tragici con un
protagonista che ha sempre messo in terzo piano i suoi cari e che d'un
tratto scopre che non è mai troppo tardi per salvare la sua anima
rivelando i misfatti del proprio governo. Costi quel che costi, perché
arriva sempre un momento in cui la coscienza e la possibilità di
redimersi tornano a pulsare.
Tutte queste sensazioni sono rappresentate in maniera impeccabile dal fantastico Bill Nighy, spalleggiato da un cast di comprimari – tra cui Rachel Weisz, Michael Gambon e Ralph Fiennes, protagonisti di una spy story crepuscolare orchestrata dal regista David Hare, uno dei più grandi autori del teatro inglese che al cinema ha sceneggiato “The Reader” e “The Hours”. Nessun colpo di pistola viene sparato in “Page Eight”, ma questo non significa che le vite dei personaggi in scena non siano mai a rischio.
L'intenzione dei realizzatori è quella di esplorare le avventure del protagonista anche in altri due film da girare back to back.
“Sono qui al Festival di Roma a presentare il mio film televisivo – ha
detto Hare – eppure questa è la dimostrazione che alcuni prodotti per il
piccolo schermo possono avere la stessa qualità di un prodotto
cinematografico”.