Men in Black: International

Men in Black: International

I Men in Black hanno sempre protetto la terra dalle insidie dell’universo. In questa nuova avventura dovranno affrontare la più grande minaccia di sempre: una talpa all’interno dell’organizzazione Men in Black.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Men in Black: International
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Warner Bros
DURATA
115 min.
USCITA CINEMA
25/07/2019
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2019
di Mattia Pasquini
 
Anche Men in Black cala il suo poker, e subito dopo un'altro grande franchise come Toy Story. Ma a differenza di quello, capace di sviluppare un percorso narrativo coerente e sempre più ricco, in Men in Black: International si punta sulla ricerca di nuove strade. Una direzione evidente già nei precedenti capitoli e scelta recentemente da numerose saghe, con alterne fortune. D'altronde a esser raro è il caso di Buzz, Woody & Co.; inutile sottolineare quanto certi tentativi di rinnovarsi assomiglino a un confuso tentare la sorte.
 
Affidandosi magari a qualche 'asso', come l'accoppiata asgardiana di Valkyrie e Thor o al dinamismo del regista di Fast & Furious 8 e The Italian Job. Ma se Chris Hemsworth inizia a esser troppo spesso a suo agio nei panni dell'australiano caciarone e festaiolo, Tessa Thompson sembra rispondere alla volontà di recuperare la quota rosa assicurata da Rosario Dawson nel 2002. Mentre la mano di F. Gary Gray ha del gattopardesco, nel suo cambiare tutto per non cambiare niente. Almeno in meglio.
 
Un casting che riflette una certa pigrizia, speculare alle soluzioni offerte da uno humour sempre più marchiano e da un intrigo sempre più classico. Una semplicità di caratterizzazione che si fa apprezzare maggiormente dopo la visione del film del 2012, ma che si riflette anche nelle scene d'azione e nel mood generale della storia. Puntellata qui e lì di trovate gradevoli, ma comunque insufficienti considerate le potenzialità che potrebbe esprimere senza soluzione di continuità una tale fucina.
 
Il divertimento sta forse nella leggerezza con cui la vicenda si presenta, o nelle sue sciocchezze e nella chimica tra i personaggi. Tanto convincente a tratti, quanto capace di sottolineare la loro estraneità al resto. Una mancanza di omogeneità propria del tono trash e sconclusionato dominante, che fa sì che complessivamente lo spettacolo si goda più che nel precedente film, che emendava una sovrabbondanza di intreccio con un finale toccante e didascalico nel suo accontentare gli amanti della timeline interna. Un andare sul sicuro che non sembra aver impresso la giusta spinta per il rilancio che ci si augurava. E che renderà ancora più impervia la risalita in caso di ulteriore sequel.