Magic in the Moonlight

Magic in the Moonlight

L’illusionista cinese Wei Ling Soo È il piÙ celebrato mago della sua epoca, ma pochi sanno che il suo costume cela l’identitÀ di Stanley Crawford, uno scorbutico ed arrogante inglese con un’altissima opinione di sÉ stesso ed un’avversione per i finti medium che dichiarano di essere in grado di realizzare magie. Convinto dal suo vecchio amico, Howard Burkan, Stanley si reca in missione nella residenza della famiglia Catledge, in Costa Azzurra: Grace la madre, Brice il figlio e Caroline la figlia. Si presenta come un uomo d’affari di nome Stanley Taplinger per smascherare la giovane ed affascinante chiaroveggente Sophie Baker che risiede lÌ insieme a sua madre. Sophie arriva a villa Catledge su invito di Grace, la quale È convinta che Sophie la possa aiutare ad entrare in contatto con il suo ultimo marito e, una volta giunta lÌ, attira l’attenzione di Brice, che si innamora di lei perdutamente. GiÀ dal suo primo incontro con Sophie, Stanley la taccia di essere una mistificatrice facile da smascherare. Ma, con sua grande sorpresa e disagio, Sophie si esibisce in diversi esercizi di lettura della mente che sfuggono a qualunque comprensione razionale e che lasciano Stanley sbigottito. Dopo qualche tempo, Stanley confessa alla sua adorata zia Vanessa di aver iniziato a chiedersi se i poteri di Sophie siano reali davvero. Se cosÌ fosse, Stanley si renderebbe conto, che tutto sarebbe possibile e le sue convinzioni verrebbero a crollare. Quello che segue È una serie di eventi magici nel vero senso della parola e che sconvolgeranno le vite dei personaggi.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Magic in the Moonlight
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Warner Bros
DURATA
98 min.
USCITA CINEMA
04/12/2014
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2014
di Mattia Pasquini

Come al solito, un film di Woody Allen divide la critica. In maniera forse meno polarizzata di altre volte, ma ugualmente netta. Ma Magic in the Moonlight non e' un film che meriti estremizzazioni, nel bene quanto nel male. Anche se questo e' gia' un elemento non propriamente a favore del regista di Manhattan e dell'indimenticabilita' della sua ultima fatica, condivisa con Colin Firth e Emma Stone, oltre che con un cast (Marcia Gay Harden, Jacki Weaver e Hamish Linklater) che definire di comprimari sarebbe ingeneroso.

Dopo un esplicativa 'You Do Something To Me' di Cole Porter (scelta come canzone iniziale), la prima scena ci porta in un teatro, durante un numero di magia - primo campanello - e presto facciamo la conoscenza del Wei Ling Soo interpretato da un cinico e razionalista Colin - secondo campanello - in versione illusionista/cacciatore di impostori… Il gioco e' scoperto sin da subito, e nel vedere i duetti con la Stone non sono poche le reminescenze di analoghi (anche moderni) esempi con Allen protagonista. Ma tant'e'… si sa che il piccolo grande Woody tende a 'citarsi addosso'. Inutile continuare a criticarglielo ogni volta, se l'effetto finale lo giustifica.

In questo caso, in realta', non troppo. Ma sia detto senza acrimonia. Questa ennesima passeggiata in campagna - tra Scoop e Una commedia sexy - voleva evidentemente restare una commedia, leggera, vagamente romatica, come l'ambientazione francese, rivierasca e provenzale, richiedeva. Superficiale? Sicuramente. Banale? Come una Rom-Com puo' essere. In fondo 'Leggera', nelle intenzioni del solito furbetto dietro la macchina da presa.

E, in questo senso, il riapparire di dinamiche ben note e di qualche one liner su Esistenza di Dio, Vaticano e credenze al limite della convenzione o del pregiudizio (sara' una risposta ai piu' dopo le polemiche seguite alla lettera della figlia?) in fondo storcono la bocca in un accenno di sorriso (Un po' piu' ampio quando si parla dei pregi del mondo non visibile…). Non sono i 'bei vecchi tempi', e' vero, ma e' come ritrovare un vecchio amico. Allen lo sa, ci marcia, sa di poter essere 'rassicurante' piu' che folgorante ormai… e questo fa rabbia. A pensarci bene. Anche perche' la leggerezza ricercata cozza un poco con lo stile verboso e analitico che da sempre sostanzia le commedie migliori del nostro.

Firth e Stone tengono il ritmo, ma e' il film nel complesso che sembra poco coeso. In compenso, molto curato sul piano estetico, con una fotografia (affidata di nuovo al Darius Khondji dei suoi ultimi film romani e parigini) che lascia spiccare i colori e l'aura della giovane visionaria su sfondi spesso volutamente sfocati. Probabilmente non la tattica migliore per un film che avrebbe avuto bisogno di piu' 'corpo', ma che coerentemente punta tutto sul duetto al centro della vicenda.

Vero e fasullo, fiabe e trucchi si mescolano in una difesa delle illusioni - e della scelta di affidarsi ai sogni, ancorche' falsi - tra Match Point e il Grande Gatsby, Nietzsche e Poirot. Una fuga dalla realta' e dalla quotidianita', un omaggio intellettuale a certa commedia di altri tempi che il cervellotico autore colora della sua misantropia e di una irresistibile confutazione dell'amore con logica geometrica. Anche se a noi resta la speranza che la seconda prossima prova del suo periodo 'Stone' (un 'giallo' ambientato in un campus universitario che la vedra' al fianco di Joaquin Phoenix e le cui riprese sono in corso nel Rhode Island) ci offra qualcosa di piÙ'...