

L'uomo che verrà

Inverno, 1943. Martina, unica figlia di una povera famiglia di contadini, ha 8 anni e vive alle pendici di Monte Sole. Anni prima ha perso un fratellino di pochi giorni e da allora ha smesso di parlare. La mamma rimane nuovamente incinta e Martina vive nell'attesa del bambino che nascerà, mentre la guerra man mano si avvicina e la vita diventa sempre più difficile, stretti fra le brigate partigiane del comandante Lupo e l'avanzare dei nazisti. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1944 il bambino viene finalmente alla luce. Quasi contemporaneamente le SS scatenano nella zona un rastrellamento senza precedenti, che passerà alla storia come la strage di Marzabotto.

A Marzabotto, circa 30 kilometri a sud ovest di Bologna, tra il 29
Settembre e il 5 Ottobre 1944 si consumò una delle peggiori stragi di
innocenti della storia della seconda guerra mondiale. Per vendicarsi
degli attacchi dei partigiani della zona, i nazisti uccisero circa 770
persone, soprattutto donne, bambini e anziani. Salvatore Quasimodo
definì anni dopo questo eccidio come"il più vile sterminio di popolo".
Il felsineo Giorgio Diritti, reduce da un esordio ("Il vento fa il suo giro")
che un paio di anni fa ha dimostrato come anche in Italia il
passaparola sia ancora una leva fondamentale per aumentare gli incassi,
ha svolto un'intensa ricerca storica prima di scrivere la sceneggiatura
del suo "L'uomo che verrà",
basato, per l'appunto, sulla strage di Marzabotto. Il rischio di
banalizzare e non rendere giustizia ad una delle pagine più strazianti
della nostra vita era alto. Per evitare tutto questo Diritti costruisce
le circa due ore di narrazione mostrando la vita quotidiana di una
famiglia del posto. Le privazioni alimentari, le difficoltà negli
spostamenti, il difficile rapporto con quei partigiani che tanto si
appoggiano nei propositi quanto sono portatori di pericoli. Il climax
cresce così fino alla conclusione che si conosce fin dall'inizio. Il
punto di vista principale da cui seguiamo la vicenda è quella di una
bambina che ha scelto di diventare muta dopo la morte prematura del
fratellino e che ora aspetta impaziente che la mamma incinta partorisca
nuovamente.
Lo stile di Diritti è
rigoroso nel suo evitare qualsiasi enfatizzazione. Non si ricorre quasi
a nessun espediente narrativo per dare ritmo o qualche snodo narrativo,
ma si aspetta che il corso degli eventi storici porti la storia dentro
il film. Se da una parte si tratta di una scelta apprezzabile, allo
stesso tempo si rivela una decisione poco "cinematografica", di certo
poco adatta a creare empatia con lo spettatore (ma non è detto che
questo fosse un obiettivo del film). Per quanto nella seconda parte del
film la sua regia si riveli più fluida e ci siano alcune sequenze di
buona intensità, durante i circa novanta minuti precedenti non si
capisce bene quale sia lo scopo del film.
Che la tragedia ci sia stata lo si sa fin dall'inizio: creare una sorta
di conto alla rovescia senza grandi contestualizzazioni storiche o
politiche rende, purtroppo, "L'uomo che verrà"
un ottimo documento da un punto di vista della ricostruzione (ecco
spiegata quindi la scelta di far parlare gli attori in dialetto
stretto), ma non un ottimo film. In finale, la domanda che ci si
potrebbe porre è: perpetrare la memoria di un evento tragico è una
ragione sufficiente per farne un film?