L'ufficiale e la spia

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Il 5 gennaio 1895, il Capitano Alfred Dreyfus, promettente ufficiale, viene degradato e condannato all’ergastolo all’Isola del Diavolo con l’accusa di spionaggio per conto della Germania. Fra i testimoni di questa umiliazione c’è Georges Picquart, che viene promosso a capo della Sezione di statistica, la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus. Ma quando Picquart scopre che tipo di segreti stavano per essere consegnati ai tedeschi, viene trascinato in una pericolosa spirale di inganni e corruzione che metteranno a rischio non solo il suo onore ma la sua vita.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
J'accuse
GENERE
NAZIONE
Francia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
01 distribuzione
DURATA
126 min.
USCITA CINEMA
21/11/2019
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2019
di Marco Triolo
 
Roman Polanski torna al cinema per raccontare uno dei più celebri episodi di antisemitismo in Europa, il caso Dreyfus. L’ufficiale e la spia (J'accuse), scritto dal regista insieme a Robert Harris, dal cui romanzo omonimo il film è tratto, racconta l’Affaire dal punto di vista di Georges Picquart (Jean Dujardin), ufficiale dell’esercito francese che, dopo la condanna di Dreyfus (Louis Garrel) per tradimento, scopre una prova che potrebbe scagionare del tutto l’uomo. Ma, ben presto, il suo tentativo di trovare la verità lo porterà allo scontro frontale con i suoi superiori, disposti a tutto pur di non riaprire il caso ed evitare che l’esercito ci faccia una figuraccia.
 
Polanski sceglie una messa in scena sobria, anti-hollywoodiana nel modo in cui non cerca mai il sentimento facile o risoluzioni narrativamente convenienti. Spesso, l’impegno di Picquart porta a delusioni e a una serie di anticlimax. Una scelta perfetta per la storia di un uomo che, per anni, si scontra contro i mulini a vento e non sembra mai raggiungere il suo scopo.
 
La storia, dopo tutto, non è fatta di grandi gesti, ma di lotte costanti e pazienti, di piccoli cambiamenti che, piano piano, portano a nuove fasi. Non a caso, Polanski racconta alcuni importanti momenti di svolta nel processo a Dreyfus fuori campo. Evita di rendere una tragedia uno spettacolo, preferendo asciugare tutto e far parlare i fatti.
 
Il personaggio interpretato da Dujardin è emblematico in questo senso. Da subito afferma di non amare gli ebrei, ma di non avere alcuna intenzione di discriminare Dreyfus professionalmente per questo. Ed è proprio questo valore morale che lo porta a cercare di scagionarlo: sarà pure un ebreo, ma se è un uomo innocente non merita di stare in carcere. In fondo questa è la base della democrazia: anteporre la legge alle opinioni personali e lottare perché essa sia applicata in maniera equa per tutti.
 
Proprio per questa volontà di spogliare gli eventi da ogni retorica porta, purtroppo, sfugge un po’ di mano a Polanski nel finale, che sembra addirittura frettoloso nel suo understatement. Un paio di rapide elissi, un po’ di didascalie per riassumere gli ultimi anni del calvario di Dreyfus e voilà, il film è servito.
 
Resta comunque una ricostruzione storica dalla confezione sontuosa – dalla fotografia di Pawel Edelman alle musiche di Alexandre Desplat – che riassume dignitosamente l’Affaire Dreyfus. E, qua e là, trova anche interessanti paralleli con la deriva odierna, quando mostra il popolo che applaude i cospiratori, preferendo cullarsi in una falsa verità rassicurante piuttosto che scoperchiare il vaso di Pandora di un sistema corrotto, a cui del bene del singolo non frega nulla.