Ladri di cadaveri
Edimburgo, diciannovesimo secolo: per racimolare qualche soldo, William Burke e William Hare forniscono cadaveri alla facoltà di medicina della locale università. Inizialmente, i due si limitano a profanare il cimitero, ma quando rimangono a corto di corpi decidono di procurarseli... più attivamente.
di Marco Triolo
“Giochiamo che gli ultimi vent'anni di carriera di John Landis non erano mai esistiti”. Il nostro gira “Il principe cerca moglie”,
dopodiché salta su una macchina del tempo (la DeLorean, se volete) e
fissa la data per il 2009. Arrivato, si mette a lavorare al suo nuovo
film. Ecco, se tutta questa elucubrazione da nerd all'ultimo stadio
potesse tramutarsi in realtà, il film che ne verrebbe fuori non sarebbe
tanto diverso da “Burke & Hare”, la pellicola che il regista di “Blues Brothers”
ha presentato al Festival di Roma. Una boccata d'aria fresca, o meglio
ancora il segnale che quello stesso geniale autore che aveva così
diligentemente fuso orrore e commedia in “Un lupo mannaro americano a Londra” è tornato tra noi.
“Burke & Hare” è ambientato nella Edimburgo del 1828, e
mette in scena la vera storia di due sopravvissuti, due anime nere,
anche se non nerissime, che per mantenersi a galla farebbero di tutto e
di più. E infatti arrivano ad uccidere pur di procurarsi cadaveri
freschi da vendere alla prestigiosa scuola di medicina della città. Simon Pegg e Andy Serkis sono la prima e più evidente ragione per vedere questo film:
aver appaiato questi due talenti nati per la commedia (basta guardare
le loro facce, così peculiari) è stata una mossa magistrale di Landis. I
due si muovono con disgustosa agilità per le strade di una città gelida
e tentacolare, ne popolano gli angoli più oscuri da cui colpiscono le
loro ignare vittime. Ma, al di là di questa loro vocazione da “Jack lo
Squartatore ante-litteram”, Burke e Hare sono anche dannatamente
simpatici. E sì, fanno ridere. Tanto.
E qui salta fuori proprio quel Landis che sembrava sparito: nel film c'è
un gusto per la narrazione così esilarante che si capisce chiaramente
quanto ancora prima del suo pubblico, sia stato proprio il regista a
divertirsi un mondo, raccontando una storia fatta di assassini, profanatori di tombe, medici deliranti, governanti corrotti, mafiosi e profittatori vari. Tutti trattati con empatia, tutti scritti e recitati – da Tom Wilkinson, Tim Curry, Isla Fisher e Jessica Hynes,
per dirne alcuni – con la voglia di renderli indimenticabili. Eppure,
Landis non nasconde mai le loro azioni, anzi le mostra sempre fino
all'ultimo, macabro dettaglio. E dietro le quinte se la ride, pensando a
quanto ci divertiremo noi.
Alcuni dettagli sono da applauso: il cameo di Christopher Lee, i set rigorosamente reali (tra Scozia e Inghilterra), e il finale che ricorda i titoli di coda di “Animal House”. “Burke & Hare” non è un capolavoro, ma è il completo ritorno alla forma di un autore di cui sentiremo sempre il bisogno. Continua così, John.