La comune

La comune

Erik e Anna, una coppia di intellettuali, decidono insieme alla figlia Freja di dar vita a una comune nella grande villa di Erik, in un quartiere esclusivo di Copenhagen. Inizia così la realizzazione di un sogno, fatto di incontri, cene e feste. Amicizia, amore e unione convivono sotto lo stesso tetto, ma una relazione inaspettata mette la vita della comunità a dura prova.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Kollektivet
GENERE
NAZIONE
Danmark
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Bim
DURATA
111 min.
USCITA CINEMA
31/03/2016
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2016
di Mattia Pasquini

Personaggio inusuale Thomas Vinterberg, per molti eternamente legato all'amico e pigmalione Lars Von Trier ma in realtà in grado di offrire un cinema spesso molto diverso da se stesso e capace di spaziare tra generi e contesti. E ritorni. Come quello che dal crudo Submarine lo porterà davvero sott'acqua nel prossimo Kursk (prodotto da Luc Besson e ispirato alla storia di un sottomarino russo), o che - dopo averci regalato perle come Il sospetto e Via dalla pazza folla - lo mette di nuovo a confronto con le proprie radici, quelle del Dogma 95 Festen e che ritroviamo nel Kollektivet presentato al Festival di Berlino e che oggi arriva in sala come La comune.

Che ci sia una forte componente autobiografica nel racconto di un gruppo di amici che scelgono di vivere insieme nella Copenhagen degli anni Settanta, è secondario, visto che questo Eden - idealizzato o sognato da molti, soprattutto allora - diventa rapidamente lo spunto di una analisi di dinamiche umane più comuni di quello che si vorrebbe credere. E, di nuovo, di modelli e pregiudizi legati ai concetti di famiglia e di relazione in generale, che riguardino coppie sposate, amanti, amici, figli o 'alternativi'...

Probabilmente l'idilliaco inizio del film è quello più simile ai suoi ricordi da adolescente, ai dodici anni (tra i sette e i diciannove) passati in una situazione analoga - tra "gente nuda, birre, discussioni pretenziose, amore e tragedie personali" - che ancora ricorda come un "periodo folle, caloroso e meraviglioso". E per il pubblico l'esca con la quale esser tratti nella trappola di sensi di colpa e obblighi sociali che certe convenzioni - anche se molto diverse da quelle cui siamo storicamente abituati - comportano.

Il peccato quanto il peccare possono essere carceri identiche d'altronde, e non a caso la seconda parte - per quanto più articolata - si rivela quella a tratti più convenzionale. Ma lo scavo è evidente, o per lo meno la messa a nudo dell'universalità di certe dinamiche. Che da adulti, gli spettatori non faticheranno a riconoscere, immedesimandosi, ma che solo pochi riusciranno a ribaltare, assumendo il punto di vista dei due piccoli protagonisti: Freja e Vilads.

Condannati a vivere dalla loro età e dal loro fisico, saranno forse gli unici a mantenere spontaneità e sincerità in un contesto destinato all'implosione. Mentre intorno a loro non resta - al regista e a noi - un ricordo, una nostalgia, un sogno di innocenza e di libertà, una utopia costruita ignorando contraddizioni letali. Come forse sono tutte le utopie: affidate alle persone sbagliate; destinate al fallimento.