Into the Woods

Into the Woods

Il film È una rivisitazione in chiave moderna di fiabe classiche come Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Jack e il fagiolo magico e Raperonzolo, unendole fra loro con una storia del tutto nuova incentrata su un panettiere e sua moglie, sul loro desiderio di formare una famiglia e sul rapporto con la strega che ha gettato su di loro un maleficio.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Into the Woods
GENERE
REGIA
CAST
DURATA
125 min.
USCITA CINEMA
02/04/2015
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2015
di Mattia Pasquini

Non tutti gli adattamenti cinematografici di celebri Musical di Broadway 'riescono col buco'. Ma È pur vero che come spesso accade molto dipende dalla prospettiva dalla quale si decide di approcciarli… come in questo caso. Quello realizzato da Rob Marshall del Musical Into the Woods di Stephen Sondheim e James Lapin (non a caso affidata, a livello di soggetto e sceneggiatura, agli stessi autori) in effetti non È una vera e propria traduzione, quanto piÙ una trasposizione, visto lo sfruttamento relativo del media d'approdo e la fedeltÀ a un'estetica di tutt'altro stampo, ma non per questo va privata dei suoi meriti.

Anche perchÉ tanto la piÈce quanto il film (e molti altri analoghi con lui) devono molto - tutto? - a un testo comune di riferimento, quel Il mondo incantato di Bruno Bettelheim che resta un importante riferimento per il genere e nel trattamento delle favole tradizionali. Cappuccetto Rosso, Jack e il fagiolo magico, Raperonzolo e Cenerentola si mescolano, quindi, in un racconto che le supera e che offre allo spettatore spunti di riflessione interessanti e dubbi che spesso non vengono evidenziati.

Tra la ben nota sindrome di Stoccolma di Raperonzolo e il cinismo di Cappuccetto Rosso (mostrata quasi vittima di violenza) o la ammissione di superficialitÀ del Principe È probabilmente il lupo di Johnny Depp il carattere piÙ debole sullo schermo, ma certo nessuno puÒ sperare di rubare la scena a una Meryl Streep tanto in forma. E all'apparizione - qui e lÌ - di una pedagogia molto moderna, che ombreggia pulsioni decisamente adulte in personaggi lontani dall'etÀ giusta o in ruoli che tradizionalmente non dovrebbero prevederne (anche se molti sottintesi saranno difficili da rendere nella traduzione del testo) e mette al centro di tutto l'autocoscienza e la consapevolezza di sÉ e dei propri desideri e paure. Da parte di tutti. La paura di lasciare il nido o di separarsi, i sacrifici consentiti e imposti per evitare di confrontarcisi, una emancipazione che passa da abbandono e pericolo, come È normale che sia… e il piacere di cederle, anche solo per provare, per scoprire qualcosa di nuovo, di diverso, non necessariamente migliore, a costo di accorgersene troppo tardi. Cresciuti.

Nessuno scudo, d'altronde puÒ proteggere da questo, nemmeno l'amore, nemmeno la magia, nemmeno la favola. E non sia la favola a ignorare debolezze e meschinitÀ dei nostri eroi, sempre piÙ simili a noi, umanizzati e resi - dopo un naturale disappunto - piÙ comprensibili nel loro bisogno di amore, di sicurezza, di conferme piÙ che modelli di Bene e Male assoluti. Che non esistono nella vita, e nemmeno 'Into the Woods', dove davvero "nessuno sa cosa potremo aspettarci". CosÌ, in fondo, si cresce, sviluppando immaginazione e apertura e imparando anche a desiderare, insegnare agli altri, trasmettere.

E cosÌ in un alternarsi di situazioni da sitcom e da operetta, che la regia non emerga come in altri casi e che la rappresentazione non sia arricchita di effetti o trovate - gigantessa (per quanto in ombra) esclusa - sono, volute o meno, scelte coerenti con la volontÀ di restare legati all'origine teatrale della storia. Scelte che pagano. Sia per la qualitÀ dei numeri musicali, sia per la omogeneitÀ della rappresentazione nella quale i temi finiscono per essere il quid da lasciar risaltare, anche su miti della nostra infanzia e sulle immagini che spontaneamente riaffiorano alla memoria semplicemente riconoscendoli sullo schermo. Un peccato - una incoerenza a volercela vedere - semmai che alcune eccezioni, per quanto riconosciute, finiscano poi per venire di fatto ignorate in una conclusiva esaltazione della mediocritÀ un po' qualunquista.