Il sapore del successo

Il sapore del successo

Lo chef Adam Jones aveva tutto, ma lo ha perso. L’ex enfant terrible della scena gastronomica parigina aveva conquistato due stelle Michelin e il suo unico obiettivo era creare delle “esplosioni di gusto”. Per avere un ristorante tutto suo e l’agognata terza stella Michelin, Jones dovrà abbandonare le sue cattive abitudini e tirar fuori il meglio da quello che ha a disposizione, compreso l’aiuto della bellissima Helene.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Burnt
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
01 distribuzione
DURATA
101 min.
USCITA CINEMA
26/11/2015
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2015
di Mattia Pasquini

Sull'onda di tanti chef burberi e protagonisti, ecco che anche Bradley Cooper sceglie di portare davanti ai fornelli l'esperienza gerarchica e cameratesca dell'American Sniper di Clint Eastwood più che quella deludente di Sotto il cielo delle Hawaii. In Il sapore del successo di John Wells, titolo emblematico, che inevitabilmente chiama alla mente retorica e frasi fatte, e un gusto amaro, stando al buon senso comune, più che alla realtà che viviamo quotidianamente.

Ma, a vedere il film, sarebbe stato forse più adatto - restando all'analogia gustativa - l'originale Burnt (bruciato), tanto per lo specifico sapore quanto per la sensazione persistente, e avvolgente, oltre che per la rispondenza con un paio di caratteristiche del nostro chef protagonista, stella (anzi, doppia stella, Michelin ovviamente) della gastronomia Adam Jones.

Di nuovo un genio della cucina in disgrazia, come lo Chef di Jon Favreau (con il quale condivideva il titolo iniziale, prima di 'Adam Jones'), sebbene qui si parli di un ossessivo, tossico-dipendente (anche da sesso e alcool), un vero e proprio 'bruciato', o 'scoppiato', come diremmo dalle nostre parti. Genio e sregolatezza, un artista maledetto, a suo modo, che pero' non finisce di conquistare, abituati come siamo a questo tipo di figure.

A differenza di altri esempi del genere, qui non ci sono piatti da ricordare. L'importante non è la ricetta del manzo o del rombo, quanto piuttosto il suo impiattamento, e soprattutto le dinamiche che - dentro e fuori la cucina - conducono a quel risultato. Coerentemente con un film che parla di perfezione, di competizione e di successi. Personali, per buona parte. Fino almeno al finale conciliatorio e prevedibile.

Nel quale - dopo aver inanellato la ricerca dell'orgasmo culinario, analogie tra Jedi e chef stellati, frecciatine alla cucina molecolare e l'immancabile riferimento alla 'vecchia scuola' - si parte da una 'mission: impossible' per 'sette samurai' per finire - dopo una lunga preparazione e un breve raffreddamento - con l'accettazione dei propri limiti e della collaborazione come valore, della maturità insita nell'accettare l'aiuto altrui e della consapevolezza di non essere soli, in questo mondo e dietro ai fornelli.