

Il Profeta

Il 19enne Malik El Djebena viene condannato a sei anni di prigione. Giovane e fragile, ma estremamente intelligente nonostante sia analfabeta, Malik viene preso sotto la protezione di un gruppo di detenuti corsi che ha imposto la propria legge all'interno dell'istituto penale. Con il passare del tempo, il ragazzo si guadagna la completa fiducia dei suoi protettori riuscendo ben presto a sfruttare la situazione a proprio vantaggio.

di Adriano Ercolani
Dopo due pellicole dalla coerenza stilistica e dalla lucidità inusitate come "Sulle mie labbra" e "Tutti i battiti del mio cuore" , il francese Jacques Audiard torna al cinema con "Il profeta"
un lungometraggio che spinge fino agli estremi le coordinate principali
della sua idea di cinema, e colpisce nel profondo centrando un
risultato assolutamente ammirevole.
Se già i suoi precedenti, sopra citati lavori partivano da un
canovaccio narrativo che prevedeva situazioni specifiche di un genere
come il noir, con "Il profeta"
il cineasta lavora su una sceneggiatura pienamente incentrata su tali
stilemi, e racconta la crescita umana di un giovanissimo delinquente di
origini magrebine che, finito in carcere, sfrutterà le sue abilità e la
sua intelligenza per scalare i ranghi della criminalità presente dentro
l'istituto correzionale, arrivando fino alle estreme conseguenze delle
sue azioni.
Su tale sceneggiatura poi Audiard, come già aveva dimostrato di sapere fare in precedenza, costruisce una
pellicola dall'estetica rigorosissima, di una precisione mirabile, che
riesce ad affascinare lo spettatore fino a immergerlo in un microcosmo
violento ed iperrealista come quello del carcere. In più, su
tale e tanto efficace stilizzazione della visione, Audiard inserisce
dei piccoli ma interessantissimi inserti che raccontano con enorme
verità la psicologia e l'inconscio del giovane protagonista Malik. Ad
aiutare poi il regista a dare credibilità a questa figura un bravissimo
Tahar Rahim,
alla sua prima prova d'attore veramente importante: la sua aderenza
fisica al personaggio e la grandiosa precisione con cui riesce a
delineare la vita interiore soltanto attraverso piccolissimi gesti,
rendono l'interpretazione di Rahim una delle più efficaci viste al
cinema negli ultimi mesi.
Gran Premio della Giuria a Cannes, vincitore del BAFTA come miglior film straniero, candidato all'Oscar nella stessa categoria, "Il profeta" è un lungometraggio dalla coerenza interna straordinaria,
che propone storia di genere ad un'idea di cinema invece totalmente
personale, talmente lucida che si può permettere anche citazioni
esplicite da numerosi prison-movie e crime-movie senza che queste
risultino artefatte o decontestualizzate rispetto alla storia narrata.
Il risultato ottenuto da Audiard con quest'opera è encomiabile, meritevole del grande successo di critica che il film sta riscuotendo.