Il padre e lo straniero
Diego, impiegato romano con figlio disabile, conosce Walid, ricchissimo uomo d'affari siriano anche lui padre di un bimbo gravemente handicappato. Dalla stessa sofferenza nasce un insolita amicizia.
Riadattando il libro "Il padre e lo straniero" di Giancarlo De Cataldo, venuto prima del fenomenale successo di “Romanzo Criminale”, Ricky Tognazzi ci racconta la storia dell'amicizia tra l'impiegato Diego (Alessandro Gassman) e Walid (Amr Waked),
un misterioso uomo d'affari siriano. Entrambi sono padri di bambini
disabili ma se il primo non riesce ad ammettere il proprio ruolo e sta
fiaccando anche la relazione con la moglie (Ksenia Rappoport),
il secondo lo vive con apertura e passione. Proprio lo slancio
singolare di Walid conquista Diego che si lascia coinvolgere in una
serie di scorribande in una Roma segetamente orientale e, perfino in
Siria, senza porsi troppe domande.
Il confronto tra le due culture e le due paternità, disegnato in maniera
impacciata nella prima parte del film, si trasfigura però in una
spy-story quando Diego si improvvisa detective sulle tracce dell'amico
inspiegabilmente scomparso e, a questo punto, ricercato dai Servizi
Segreti per ragioni di sicurezza nazionale.
Una regia molto prossima alla fiction, si perde lo spettatore strada
facendo per abbandonarsi alle correnti di suggestioni alterne. Intrigo?
Poliziesco? Racconto di formazione? Storia d'amore? Parabola
sull'integrazione razziale? Non si capisce. Gli improvvisi cambi di
registro portano la nave alla deriva e a smarrire ulteriormente ci si
mette una sceneggiatura precipitosa, disordinata e un pò arrogante che
traccia personalità confuse con la convinzione apparente di spingersi
lontano.
Alcuni dialoghi, come lo scatto d'ira di Diego ai danni di un prete o
l'incontro con il capo dei Servizi/Leo Gullotta, risultano davvero
improbabili, e addirittura grotteschi e, in trasparenza, tradiscono la
sommaria vanità di un appello alla “volemose bene”. La cose francamente
più irritanti sono la solenne serietà e il presunto guazzabuglio poetico
di cui l'intera operazione si autoinveste.
Leggi qui il nostro incontro con il cast.