

Gorbaciof - Il cassiere col vizio del gioco

Un ragioniere con pochi scrupoli che lavora in un carcere, taciturno, giocatore d'azzardo, alle prese con una Napoli ormai multietnica. Gorbaciov (Toni Servillo), così soprannominato per una voglia rossa sulla fronte, decide di proteggere e aiutare la giovane Lila.

Vedere Toni Servillo sorridere è di per sé una novita. In “Gorbaciof”
succede che il protagonista si innamori e viva, seppur solo per pochi
minuti filmici, un amore corrisposto - non quindi una sorta di
ossessione come in “Le conseguenze dell'amore”
- e si lasci finalmente andare alla felicità. Per il resto, come al
solito, la sua è l'interpretazione di un uomo malinconico, di poche
parole, quasi misantropo. Non si tratta del leader comunista, quello
sarebbe Gorbaciov, con la v alla fine e non la f. Qui il nome viene
utilizzato come soprannome. Come l'ultimo capo del Pcus, Marino Pacileo
ha una grossa voglia di fragola sulla fronte. Lavora come
contabile al carcere di Poggioreale e passa le serata nello sgabuzzino
di un ristorante cinese giocando a poker a puntate di cinquecento euro.
Cifre alte, che non si potrebbe permettere se non rubasse ogni tanto
soldi dalla cassaforte della prigione. Quando però i debiti si
accumulano, per rientare ha un'unica possibilità: svolgere un lavoretto
per degli amici criminali.
Il film di Stefano Incerti presentato fuori concorso al Festival di Venezia si regge unicamente sulle spalle del suo attore protagonista. E'
guardando Servillo, il suo talento e la sua attenzione per i dettagli,
che si riesce ad arrivare alla conclusione senza annoiarsi. Il
racconto è infatti costruito su pochissimi elementi, l'epilogo e la
morale annessa sono piuttosto banali e prevedibili. Per quanto
formalmente pulito, a fine visione non si ricordano particolari
sequenze, che siano tenere, di suspense o di introspezione personale.
Tutto rimane in superficie, compresa la possibile critica sociale e gli
accostamenti, molto alla lontana, con Paolo Sorrentino (di solitudine “L'uomo in più” e il rapporto con il denaro di “L'amico di famiglia”). E' vero, “Gorbaciof” non ha goduto di alcun sovvezionamento statale e già per questo andrebbe apprezzato, ma i limiti qui non sono di
budget, quanto di idee di sceneggiatura. Va bene il “lirismo” di cui ha
parlato Incerti presentando il suo film, ma ci vuole qualche fatto in
più per farlo volare alto