Fury

Fury

Frederic Aprile 1945. Mentre gli alleati sferrano l’attacco decisivo in Europa, il sergente dell'esercito americano Don Collier, da tutti chiamato “Wardaddy”, guida un’unitÀ di cinque soldati in una missione mortale dietro le linee nemiche a bordo di un carro armato Sherman (chiamato, appunto, “Fury”). Una missione temeraria ed eroica nel cuore della Germania nazista, ormai al collasso. In inferioritÀ numerica, disarmati e con una recluta giovane e inesperta nel plotone, Wardaddy e i suoi uomini dovranno ricorrere a tutto il proprio coraggio e alla propria arguzia per sopravvivere agli orrori della guerra.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Fury
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Lucky Red
DURATA
134 min.
USCITA CINEMA
02/06/2015
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2014
di Mattia Pasquini

Sono mesi che vediamo Brad Pitt stagliarsi in posa plastica sul suo carro armato nei poster di Fury, il nuovo scritto, diretto e prodotto da David Ayer. Ma se era lecito aspettarsi un film bellico su un manipolo di soldati - nello specifico carristi - meno sembrava comprensibile che l'immagine scelta per la comunicazione fosse tanto (troppo) corrispondente al film stesso.

Ha un indubbio fascino la claustrofobia della quale vediamo vivere i cinque protagonisti di questa epica senza eroi, come anche la monotonia raccontata o lasciata intendere dal film. Ma qualcosa non torna nello sviluppo complessivo. Forse l'eccessiva presenza scenica del Sergente 'Wardaddy' Pitt, impossibile da nascondere tra le pieghe di un film comunque hollywoodiano, o certe scelte narrative che appesantiscono lo svolgersi dell'azione con inserti innecessari o troppo retorici.

Ci voleva del coraggio a confrontarsi con un genere che ha registrato le visioni di Malick, Spielberg, Coppola, Kubrick e via dicendo… Ma reso l'onore delle armi allo sceneggiatore di U-571 (altro film 'angusto') e Sabotage, impossibile non fare legittime critiche al ritmo di un film che avrebbe goduto di un minimo di selezione in piu' al montaggio.

Il taglio c'e', delle radici. In questo senso funzionale alla presentazione di un mondo nel quale il passato poco importa e il futuro e' quanto meno incerto. Purtroppo, pero', l'esplorazione dei personaggi non approfondisce lo scavo cercando di supplire con la rappresentazione - gia' vista, e meglio - degli orrori della guerra.

Fuori dal carro gli stereotipi dominano. Teste che esplodono, cadaveri mossi dalla ruspa, sangue a bacinelle, bambini in armi: "la guerra e' brutta". Ma l'insistere sulle lezioni di vita per il 'novellino' aggregato ai disincantati combattenti (e per il pubblico) sul lungo non aggiunge alla rappresentazione nuda e cruda di quell'orrore.

Le intenzioni sono chiare, ma le cadute di stile evidenti, fino alla conclusione. Nonostante un evidente e grande impegno da parte degli attori, alle prese con personaggi a tratti resi macchiette (e non ce ne voglia il caro Brad, di nuovo alle prese con accenti non suoi dopo Snatch, Inglourious Basterds, etc), dalle quali difficilmente riescono a staccarsi.

La pur interessante retorica del carro come casa e della guerra come 'miglior lavoro mai avuto' non bastano a tenere la scena per 134 minuti. E tornano in mente gli esempi - meno altisonanti, ma piu' riusciti e coerenti - dei blindati protagonisti di 1941 - Allarme a Hollywood, Buffalo Soldiers e soprattutto del Lebanon Leone d'Oro al Festival di Venezia nel 2009.