Dylan Dog - Il film
L'investigatore dell'incubo Dylan Dog, accompagnato dal fido assistente Marcus (sic), si ritrova nel mezzo di una lotta per il controllo del territorio di New Orleans tra un antico clan di vampiri e un altrettanto ancestrale branco di lupi mannari. In questa incresciosa situazione, avrà anche il tempo di innamorarsi della bella Elizabeth...
Che l'adattamento americano del fumetto più amato in Italia non sarebbe
stato rispettoso, era qualcosa che avevamo capito sin dalle prime
indiscrezioni. A nulla è servito l'impegno del regista Kevin Munroe,
avido divoratore di fumetti, che ha capito quanto i fan si sarebbero
indignati e ha apportato notevoli modifiche a una sceneggiatura già
scritta, cominciando dalla location. Ma da lettori ultraventennali
(anche critici, giacché tutti sappiamo che gli albi non tengono più
l'altisisma media di una decina di anni fa), avremmo preferito che tutte
quelle citazioni non ci fossero, almeno avremmo potuto dimenticare che
quello è il nostro Indagatore dell'Incubo, nato da uno strambo incrocio
visivo-mentale tra Rupert Everett e Hugh Grant.
Il film è ben peggiore di tutte le più buie aspettative: mostri
di gomma, pessimi effetti speciali, scene d'azione lente e noiose, un
copione infantile fino all'inverosimile. Oltre a una regia che fa acqua da tutte le parti e ad attori persi in un casting sbagliato fin dalla scelta del protagonista. Di
Dylan Dog non restano che poche tracce: il titolo e il vestito,
indossato come se fosse una tuta da supereroe (ma ai piedi Routh ha le
Converse – orrore! – non le Clarks), e qualche citazione buttata via che
non significherà nulla ai non italiani (anche l'esclamazione di Dylan,
“Giuda ballerino!” esiste solo nella versione italiana). Munroe avrà anche letto un centinaio di albi (l'incontro con lui ce lo ha confermato), ma se pensa di aver mantenuto intatto lo spirito del fumetto, non ha capito nulla. Il sapore più adulto del capolavoro di Tiziano Sclavi non
è mai stato ottenuto con lo splatter dei magnifici disegni, ma con
un'introspezione psicologica e con proiezioni spaventose nel reale degli
incubi e delle paure più profonde dei personaggi e dei lettori stessi.
Questo investigatore monolitico e salutista (non si fa cenno al passato
da alcolista di Dylan, che al contrario picchia duro più di Jackie Chan)
semplicemente non è il nostro Dylan, l'intera vicenda non si ispira
agli albi Bonelli, semmai sembra tratta completamente dalla saga
letteraria (celeberrima, ma francamente bruttina) di Anita Blake, scritta da Laurell K. Hamilton (se
cercate conferme, in Italia l'intero ciclo è edito da Tea) e da altre
storielle adatte a teenager emo con scarsa voglia di usare la materia
grigia.
Se a questo aggiungiamo che nel film Bonelli è un non-morto millenario
inserito a forza e Sclavi è un vampiro dormiente che emette un sibilo
smorfioso che manco gli attorucoli della vecchia casa degli orrori al
LunEur, si rasenta la bestemmia.
E il meglio è che la produzione americana ha avuto il fegato di venire
proprio in Italia a fare l'anteprima mondiale. E che se questo film
dovesse incassare, ci sarebbe persino la possibilità di un sequel. A
buon intenditor...