Alza la testa
Mero, operaio specializzato in un cantiere nautico, è un padre single. Lorenzo, il figlio nato da una relazione con una ragazza albanese, è la sua unica ragione di vita e il sogno dell'uomo è che il ragazzo diventi un campione di boxe, riscattando così la sua anonima carriera da dilettante. Per questo lo allena duramente, insegnandogli giorno dopo giorno a tirar pugni e a proteggersi dai colpi bassi della vita. L'equilibrio di questo rapporto è sconvolto dal ritorno di Denisa, la madre di Lorenzo, e dall'incontro tra il figlio e la giovane Ana. Le prove per Mero non sono finite e dovrà confrontarsi con il dolore, con i propri pregiudizi e ocn la lontananza del nostro Nord Est.
Dopo aver centrato uno degli esordi italiani più convincenti degli ultimi anni con "L'aria salata" (id., 2007), presentato anch'esso al Festival di Roma - dove il protagonista Giorgio Colangeli vinse il premio come miglior attore - Alessandro Angelici torna nel concorso ufficiale con la sua seconda pellicola "Alza la testa" (id., 2009), che vede mattatore assoluto Sergio Castellitto nei
panni di Mero, un uomo che ha soltanto suo figlio e vuole a tutti i
costi farlo diventare una stella del pugilato, anche se il destino ha
in serbo per lui un futuro tutt'altro che roseo...
La prima parte del film, pur non essendo assolutamente all'altezza
della compattezza narrativa e del cinema asciutto regalatoci dal primo
lungometraggio, funziona a dovere e ci regala un discreto melodramma,
precisamente cucito sulla fisicità e sul volto sempre espressivo di Castellitto.
Dove "Alza la testa"
inizia clamorosamente a zoppicare è subito dopo un forte snodo
narrativo che avviene più o meno e metà racconto, e da quel momento in
poi Angelici non riesce più a controllare un film che
procede per accumulo insensato di sottotrame, di generi
cinematografici, di personaggi eccessivamente caricati ed in maniera
non necessaria. Il regista e sceneggiatore dimostra di voler alzare il
tiro rispetto al suo primo lavoro, ma pecca evidentemente di superbia
ed imbastisce una storia sovraccarica, ridondante, che frana per
eccesso di materiale per incapacità di trattarlo con coerenza e
lucidità. La seconda parte del film infatti si rivela confusissima,
affrettata, e scade in molti momenti nell'involontaria comicità, errore
che per un melodramma è imperdonabile. Castellitto prova
a tenere in piedi un personaggio che non ha più nessun equilibrio come
fulcro della sceneggiatura, ed anche un attore consumato come lui più
di tanto non può di fronte ad una vicenda che prende almeno tre
direzioni diverse senza poi imboccarne permanere nessuna.
Se Angelici con "L'aria salata" aveva dimostrato una notevole capacità di centrare un tipo di cinema sintetico, realista e doloroso, con questo secondo lungometraggio denota
purtroppo di non riuscire in nessun a padroneggiare tematiche e storie
più complesse, naufragando in un guazzabuglio confuso ed inestricabile.
Peccato davvero.