Un piccione seduto sul ramo riflette sull'esistenza

Un piccione seduto sul ramo riflette sull

Sam e Jonathan, commessi viaggiatori in viaggio attraverso “un caleidoscopio di destini umani”. Un'esperienza che ci mostra la bellezza di alcuni momenti e la banalità di altri. Una riflessione sulla vita tra grandezza e fragilità vista attraverso gli occhi di due moderni Don Chisciotte e Sancho Panza.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
En duva satt pa en gren och funderade pa tillvaron
GENERE
NAZIONE
Sverige
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Lucky Red
DURATA
101 min.
USCITA CINEMA
19/02/2015
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2014
di Alessia Laudati

Roland Barthes, in “Frammenti di un discorso amoroso”, aveva compreso prima di tutti una grande veritÀ del racconto. Ovvero che la vastitÀ delle sfumature che connotano il vivere quotidiano È tale da avere bisogno di pose, piuttosto che di coreografie complete, per suscitare bellezza e immedesimazione. Un piccione seduto su un ramo riflette sulla propria esistenza, film trionfatore dell’ultimo Festival di Venezia, similmente all’architettura interna del libro dello scrittore francese, dipana, attraverso un unico ralenti onirico, l’estasi e insieme la tragedia dell’essere vivi e in continuo movimento.

La sfida per Roy Andersson non era di certo delle piÙ semplici. Un grande ritratto umano ha l’aspirazione dell’universalitÀ e lo spauracchio della banalizzazione. Eppure, l’iperrealismo della scena, la fissitÀ della macchina da presa in uno spazio rarefatto, mai epico, mai presuntuoso, regalano al film l’omogeneitÀ del grande capolavoro.

Solo la maestria di un registro stilistico nuovo riesce a raccontare con leggerezza, in assenza di una vera e propria trama, argomenti come la sacralitÀ infranta della morte, l’analfabetismo comunicativo e l’apatia di un’umanitÀ votata alla disperazione. Accanto all’esistenzialismo, trova poi spazio la piÙ solida narrazione della contemporaneitÀ di alcuni episodi storici. La molestia perpetrata da un soggetto femminile e l’orrore di uno sterminio insensato sono entrambe dimostrazioni della sinceritÀ di un lavoro che non risparmia nulla ai propri personaggi in celluloide e tantomeno al pubblico che osserva una versione poetica della propria esistenza di carne.