Passioni e desideri

360 - Rachel Weisz e Jude Law

Analisi della morale sessuale all'interno delle varie classi sociali operata attraverso la rappresentazione di alcuni personaggi che hanno relazioni sessuali all'interno del proprio ceto e con membri di classi sociali diverse.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
360
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Bim
USCITA CINEMA
20/06/2013
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2012
di Mattia Pasquini

Dopo City of God (Cidade de Deus) del 2002 e The Constant Gardener - La cospirazione (2005) non avevamo più visto Fernando Meirelles se non per il confuso e involuto Cecità, tratto dal capolavoro di José Saramago. Per cui è con curiosità e aspettative che abbiamo affrontato questo nuovo Passioni e desideri, film del 2011 che – come spesso accade – arriva con incomprensibile ritardo nei cinema italiani.

Probabilmente, viste le ultime prove e il lungo silenzio, non si aveva grande fiducia nelle possibilità del regista portoghese di convincere il pubblico o in quelle del film, potenzialmente già visto da buona parte degli spettatori più interessati a certa cinematografia o attenti alle proposte internazionali mai proposte alle nostre distribuzioni.
Eppure le premesse non erano da disdegnare. A parte un cast di grandi attori e volti noti – come Anthony Hopkins, Jude Law, Rachel Weisz, Ben Foster, Jamel Debbouze e Moritz Bleibtreu – il film nasce da una piece teatrale (Girotondo) di quello stesso Arthur Schnitzler ispiratore dell’Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick.

Il titolo originale (perso nella traduzione, che mira ancora una volta più a sfruttare termini di maggiore appeal che chiariscano le dinamiche alla base di ‘quel’ Girotondo) rimanda a una sorta di sguardo panoramico con il quale si osservano uomini e donne in scena.
Sicuramente Schnitzler non è mai facile e certo non è il caso di aspettarsi – nonostante il cast – un dramma sentimentale hollywoodiano né una versione cerebrale e realistica di Love Actually e similia.

Piuttosto sono interessanti le connessioni che le persone stabiliscono nello svolgersi di questo girotondo, anche attraverso – come dice una di esse – “le cose proibite dalle loro religioni”. Per estensione, essendo pronti ad andare oltre le proprie ossessioni e doveri, oltre i limiti delle aspettative e dei preconcetti, e delle sovrastrutture imposte da morale e società, seguendo nel bene o nel male i propri desideri e passioni. Anche dolorosamente, a volte, ma sempre in maniera non banale.

La struttura dà ritmo in molti casi alla mancanza di azione, in un film forse troppo fine a se stesso in cui tutto è più esplicito e insieme vano rispetto al testo originario. Una indeterminatezza che diventa inconcludenza, quanto più le storie restano ellittiche nel tentativo di creare una atmosfera o – forse – di rendere il senso di libertà cui invita il racconto. Non c’è realizzazione dei desideri, solo presa di coscienza. Disamina delle differenti possibilità e del proprio disporsi positivamente verso di queste e la vita. E, se si vuole godersi lo spettacolo, verso il film.