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Sylvester Stallone a Cannes: "Non ho vinto l'Oscar ma non smetto mai di combattere"

La leggenda del cinema arriva sulla Croisette, protagonista di una masterclass in cui racconta le sue vittorie e le sconfitte

24.05.2019 - Autore: Pierpaolo Festa, nostro inviato al Festival di Cannes
La sera del 29 febbraio 2016 Sylvester Stallone è uscito di casa pronto a celebrare quello che avrebbe dovuto essere il momento più importante della sua carriera lunga mezzo secolo. Era proprio il suo nome a chiudere in ordine alfabetico la cinquina dei candidati all'Oscar come migliore attore non protagonista. Aveva ottenuto la nomination per Creed - Nato per combattere, dove era tornato a interpretare il ruolo di Rocky Balboa. Tutti si aspettavano la sua vittoria. Tranne l'Academy che ha preferito assegnare la statuetta allo straordinario Mark Rylance per il bellissimo Il ponte delle spie. "Ci sono rimasto male? Sì, però anche lì mi sono sentito come il personaggio di Rocky: uno che non smette mai di provarci, di dare pugni. Credo sia più importante fare vincere un film che premiare un attore. Voglio dire, mi piace molto la competitività: però che senso ha far competere gli attori? A meno che quegli attori non interpretino uno stesso ruolo".
A Cannes Stallone è protagonista della masterclass che il festival gli dedica. Le sue prime parole sono rivolte alla platea della sala Debussy, composta da giornalisti, membri dell'industria cinematografica ma soprattutto fan che lo accolgono con una standing ovation: "Grazie per avermi regalato una carriera lunghissima". Sono tante le storie leggendarie che avvolgono il set del primo Rocky - Stallone le ha raccontate per quarant'anni - e sono tutte vere. Il fatto che all'epoca fosse totalmente povero, il fatto di essere riuscito a vendere alla United Artists il copione di quel primo film, e naturalmente il tentativo dei produttori di sabotare il suo desiderio di interpretare il film. E la sua successiva fermezza nell'imporsi per quel ruolo. Entrando nel mito di Hollywood. "Ero veramente uno sconosciuto - ricorda Sly - L'anno prima di Rocky lavoravo come parcheggiatore! Per raggiungere il successo bisogna trovare una buona idea". Come sempre, non risparmia le grandi massime imparate nella vita: "Il fallimento ti rende più saggio. A volte invece è proprio il successo a renderti più stupido. Perché non hai nessuno con cui confrontarti". 
 
Del resto il buon vecchio Sly (compirà 73 anni il prossimo 6 luglio) ha sempre incarnato il perdente, lo sfigato. Da Rocky a Rambo, passando per Cop Land, una delle prove migliori di tutta la sua carriera: "Mi interessa il tema della lotta. Contro noi stessi e contro chi ci dice cosa fare.  Mi interessano gli esseri umani che non accettano le cose in maniera passiva. Penso che sia un tema eterno. Tutti nella vita affrontiamo la solitudine e il fallimento. Ma essere umani vuol dire prendere le tue debolezze e trasformarle in forza". 
 
Stallone rivela di avere trovato una nuova storia per Rocky: "Ho chiuso con la saga di Creed ma ho un'idea per un nuovo Rocky. Mi piacerebbe ritrovarlo fuori dagli USA, in un territorio che non conosce. E affiancarlo a un migrante. Mi piacerebbe proprio raccontare una storia nuova e fare un film di Rocky diverso. Ma non credo che avverrà mai. Piuttosto custodisco ancora le due tartarughe del primo Rocky.  Oggi Tarta e Ruga hanno 55 anni. Forse dovrei fare un altro Rocky e unirmi a loro nella boccia. Sono i miei unici amici rimasti. Sono morti tutti, tranne loro!". 

A Cannes Sly presenta una proiezione di Rambo in copia restaurata 4K e un primo estratto da Rambo V: Last Blood, il nuovo film della saga che arriverà in Italia a novembre: "Alla fine del quarto film Rambo è tornato a casa. Ma la verità è che dentro di sé non è mai tornato. C'è ma non c'è. Lo ritroviamo in un bellissimo ranch, ma lui vive e dorme nella cantina sotterranea. All'inizio del film lo vediamo a cavallo durante una violentissima tempesta, pronto a cercare eventuali dispersi e portarli in salvo. La sindrome da stress post-traumatico e il senso di colpa per non essere riuscito a salvare i suoi compagni in guerra lo attanagliano. Questa volta ha anche una famiglia adottiva: l'ex governante del padre e la nipote di quest'ultima per la quale lui è come una figura paterna. Quando la donna resterà intrappolata nel suo viaggio verso il Messico, Rambo dovrà uscire dalla sua comfort zone. Una volta fuori dalla sua proprietà capirà che non può controllare quello che lo circonda. E' il mondo a cercare di controllare lui. In quel momento accadranno cose veramente spiacevoli".  
 
Da sempre Sly Stallone ha perseverato al cinema con questi suoi celebri personaggi: "Amo le mitologie e non credo di essere un attore versatile. Non credo che un attore possa fare proprio tutto: immaginate Dustin Hoffman nei panni di Rambo e me in quelli di Tootsie? Tutte le volte che ho provato a fare qualcosa di diverso sono precipitato. Volevo fare quello versatile e sono finito a interpretare flop come Nick lo scatenato e Fermati, o mamma spara". E poi rivela: "ho cercato di uccidere Rocky. Negli ultimi tre Rocky che ho scritto lo facevo morire tutte le volte. Ma qualcosa mi ha sempre fatto cambiare idea. Continuavo a pensare: 'Logicamente dovrebbe morire, illogicamente dove posso portarlo questa volta?".

L'attore torna a rivolgersi ai suoi fan e a coloro che è riuscito a ispirare con il ruolo del pugile più celebre del cinema: "Credo che oggi ci siano tanti e tante Rocky. Come mai prima. Amo tutti i Rocky in giro per il pianeta, ma so bene che la loro lotta è molto più complicata nel mondo di oggi. Una sfida molto più grande".

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