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Rupert Everett: “A Hollywood non c'è spazio per i gay”

Il grande attore britannico ospite a Taormina, dove racconta, in italiano, la storia della sua carriera

Rupert Everett

20.06.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta), da Taormina
Rupert Everett viene accolto calorosamente dal pubblico del Taormina Film Festival e stupisce un po' tutti quando si scopre che capisce e parla italiano. “L'ho imparato sul set di un film russo, la troupe era italiana e io ero l'unico inglese. Ero troppo vecchio per imparare il russo e quindi ho imparato l'italiano”. L'interprete di Il matrimonio del mio migliore amico (di cui ci viene mostrato un estratto), Dellamorte Dellamore, L'importanza di chiamarsi Ernest e Cronaca di una morte annunciata, attore britannico tra i primi apertamente gay, ricorda la sua carriera tra Gran Bretagna, America e Italia.

Quando mi hanno offerto Il matrimonio del mio migliore amico, credevo di essere alla fine della carriera. Era una parte molto piccola e poco interessante, ma poi ho fatto amicizia con il regista P.J. Hogan e lui ha scritto altre tre scene per me. Alla fine è stato uno dei ruoli più importanti della mia carriera”. Al punto da rinchiuderlo in una spirale di ruoli sempre uguali, quelli da migliore amico gay: “È molto difficile evitare di essere typecast [termine inglese che indica proprio gli attori che vengono incastonati in uno stesso ruolo per più film, ndr]. Dopo un po' ti stufi tu, ma anche il pubblico. Quando mi hanno offerto lo stesso ruolo ne Il diavolo veste Prada ho detto no, ed è finita lì”. Ma il problema si estende oltre: c'è poco spazio per attori apertamente omosessuali a Hollywood, oggi. “Finita l'era Clinton è arrivata l'era Bush, in cui uno come me non era molto ben visto. La liberalizzazione ha portato, per contro, un nuovo puritanesimo e un conservatorismo che va a braccetto con i gruppi proprietari delle catene di sale cinematografiche. Sono loro, più che gli Studios, a decidere cosa viene distribuito e cosa no. Basta vedere quello che è successo con quel film sulla Corea del Nord [The Interview, ndr]. Lo Studio voleva distribuirlo, erano i proprietari delle sale che non volevano”. La cosa si fa particolarmente irritante per gli attori gay quando “gli eterosessuali vogliono interpretare personaggi omosessuali, ma il contrario non si può fare. Qualcosa sta cambiando, comunque”.

Attualmente Everett sta preparando un progetto dalla gestazione lunga, un film su Oscar Wilde che vorrebbe dirigere, oltre che produrre, e girare a Napoli, “che secondo me è la più bella città del mondo”. “Il mio film mostra un Wilde inedito: di solito i film su Wilde si fermano con la sua incarcerazione, io voglio mostrare il suo esilio in Francia e Italia, girando in loco e con attori locali, nelle lingue dei due paesi. Ho faticato molto a trovare compagnie di produzione interessate, ma finalmente ho trovato la Palomar Film qui in Italia. Ho un cast fantastico, Colin Morgan, Colin Firth, Emily Watson, Miranda Richardson, Tom Wilkinson. Per me Wilde è il prototipo della rockstar: aveva tutto, successo, amicizie altolocate, eppure è finito per strada. Dalle stelle alle stalle, e voglio raccontare come sia successo”. Everett sta anche scrivendo una serie TV, e afferma: “Credo che la televisione sia il futuro, ma forse neanche la televisione. Nessuno va più al cinema ma presto nessuno guarderà nemmeno la TV, tutto è estremamente incerto ed eccitante”.

Infine, ricorda la sua esperienza sul set di Cronaca di una morte annunciata di Francesco Rosi: “Alloggiavamo in un villaggio in Colombia con gli altri attori, Lucia Bosé, Gian Maria Volonté, Irene Papas e Ornella Muti. Ricordo che mia madre mi venne a trovare e mi disse 'Dovresti sposare Ornella Muti', e credo avesse ragione, era davvero la donna più bella che avessi mai visto. Lavorare con Rosi fu incredibile, lui a volte ti metteva in soggezione e ti metteva in riga, ma sapeva quello che faceva e aveva un senso estetico unico”. “Sono capitato nella parte finale del grande periodo del cinema italiano – conclude – ho potuto lavorare con geni come Rosi, Volonté, il più grande attore italiano, Giuliano Montaldo e Michele Soavi. Dellamorte Dellamore è una trasposizione davvero intelligente di Dylan Dog. E chissà che forse, prima o poi, non riusciamo a farne il sequel che da tempo sognamo”.