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Non chiamateli film al femminile, Paul Feig spiega cosa fare e cosa no quando si parla di donne al cinema 

Il regista ospite del MIA a Roma, il suo nuovo film è un thriller con Blake Lively e Anna Kendrick in arrivo a dicembre

29.10.2018 - Autore: Pierpaolo Festa
A Paul Feig sono bastati una manciata di film per diventare una delle galline dalle uova d'oro a Hollywood, un regista che viene spesso considerato tra i fondatori del nuovo trend hollywoodiano dei "reboot al femminile": da Le amiche della sposa, lanciato come una versione femminile di Una notte da leoni, allo splendido Spy, action-comedy in cui seguiamo le avventure di un agente segreto donna, fino all'esempio più ovvio, il remake di Ghostbusters. Ma quando Film.it lo incontra al MIA di Roma lui mette subito in chiaro le cose: "Mi arrabbio sempre quando qualcuno si riferisce ai miei lavori chiamandoli 'film al femminile' e odio termini come 'chick-flick'. I media devono smettere di usare parole come 'female driven', perché non senti mai espressioni del genere per gli altri film interpretati da uomini". 


 
Feig arriva al Mercato Internazionale Audiovisivo nelle vesti di ambasciatore di ReFrame, organizzazione che promuove il ruolo delle donne nel cinema davanti e dietro la macchina da presa: "Più registi, più attrici, più sceneggiatrici, più donne all'interno di una troupe - specifica il regista - Le donne nel cinema non hanno mai tante opportunità e questo comporta una limitazione delle possibilità di raccontare le storie. Avere un punto di vista bianco maschio è legittimo, ma è l'unico che abbiamo da sempre. La mia compagnia si impegna a portare in questo mestiere più donne: non siamo noi a dare loro il lavoro, le sponsorizziamo, invece, dicendo alle produzioni che crediamo in loro e garantendo che sono perfettamente in grado di svolgere il lavoro".

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Esiste ancora il pregiudizio secondo il quale i film interpretati da donne sono rivolti a un pubblico di sole donne? 
Il pregiudizio è immediato ma le cose stanno cambiando però: Black Panther, ad esempio, è stato un successone, uno dei film più visti di sempre e non è rivolto solo a un pubblico afro-americano. Ocean's 8 è andato benissimo, Crazy & Rich è stato campione di incassi e non è stato visto solo da un pubblico asiatico. La verità è che gli spettatori sono sempre affamati di storie che non hanno visto prima. 



In un momento in cui girare "film al femminile" è l'ultimo trend hollywoodiano, quali sono gli stereotipi di storie al femminile che Hollywood le propone costantemente e che lei rifiuta?
Il problema del cinema mainstream è che le donne dei film non hanno un arco di sviluppo uguale a quello degli uomini. I personaggi maschili hanno sempre più tridimensionalità. A volte si tratta di film "gender-flip", e cioè prendere un film pensato per uomini e girarlo con personaggi femminili. Operazioni del genere rischiano di non sembrare autentiche. Poco dopo il successo de Le amiche della sposa sono arrivati film che hanno cercato di scopiazzare al femminile storie tipo Una notte da leoni. Progetti in cui i personaggi femminili si comportano come uomini a caccia di una notte di sesso. Il problema è che pensieri e azioni di alcuni personaggi non corrispondono al modo in cui una donna reagirebbe. Questo è il trend fuori controllo: spesso leggo sceneggiature, alcune delle quali scritte anche da donne, che spingono troppo verso quella direzione. 

Dunque ecco il problema, ma qual è la soluzione? 
La verità? Una buona sceneggiatura è una cosa difficilissima da trovare. Una vera caccia al tesoro. Io penso che le migliori cose arrivino quando sono frutto di una grande collaborazione: se sono storie scritte da donne devono rivolgersi anche a un pubblico maschile e viceversa. Quando ho lavorato a Le amiche della sposa tutti gli uomini e le donne coinvolte nel progetto non esitavano a dire la loro sul copione: "no, un uomo o una donna non farebbero mai così" - mi dicevano a turno. C'è bisogno di questo tipo di collaborazione sul set.


Nel suo cinema può capitare di avere personaggi maschili abbastanza caricaturali. Penso ad esempio a Jason Statham in Spy o a Chris Hemsworth in Ghostbusters.
E' vero, in alcuni miei film c'è un po' di caricatura nei personaggi maschili: sono io che ironizzo sulle troppe storie che ho visto nei film di Hollywood. 
 
Tornando alla dicitura "film al femminile": a dicembre vedremo anche in Italia il suo ultimo film intitolato Un piccolo favore. Normalmente si direbbe "film al femminile", ma si tratta invece di un thriller, di una commedia, e di una storia in cui percepiamo la forte tensione sessuale tra Anna Kendrick e Blake Lively.  
Sono stato molto preciso e ho chiesto io alla Lionsgate di non mostrare troppo, di non esagerare nei trailer con l'elemento comico. Se avesse dato l'impressione di essere una commedia non saremmo stati onesti con il pubblico. Tutti i miei lavori sono film di genere, qui volevo fare un thriller alla Hitchcock: è una storia piena di suspense popolata da personaggi che possono anche essere buffi. 



Film di genere, thriller alla Hithcock. La domanda finale, come da tradizione, è: qual era il poster che aveva in camera da ragazzino?  
Moltissimi. Ce n'erano proprio tanti. Avevo tante immagini di 1941, il film di Steven Spielberg con John Belushi. Avevo foto di Animal House, poster di Snoopy e uno di Steve Martin. Ricordo ancora quando ho conosciuto Steve Martin, tremavo davanti a lui!

Un piccolo favore arriverà nei cinema italiani dal 13 dicembre distribuito da 01 Distribution.
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