Trovare Borges in un film sulla vita di un contadino delle Alpi Apuane. Capita in La creazione di significato, docu-fiction di Simone Rapisarda Casanova presentato a Locarno nella sezione Cineasti del presente. Una storia raccontata, come accaduto spesso al cinema italiano negli ultimi anni, attraverso il linguaggio del documentario applicato però a una sintetizzazione della realtà che nasce da una sceneggiatura, o da un canovaccio. Rapisarda sceglie questo linguaggio per lavorare totalmente da solo – regia, montaggio e mix sonoro sono totalmente suoi – e senza bisogno di chiamare attori professionisti. Una sorta di antidoto al cinema tradizionale e ai film di oggi che definisce “stantii”: “Tra dieci, venti, cent'anni, questi film verranno visti come noi oggi guardiamo l'opera, un contesto astratto che ha della magia ma non basi di realtà solide”.
Il film è incentrato su Pacifico, un contadino che vive sulle Alpi Apuane e sopravvive di allevamento. Pacifico si trova a un bivio: è costretto a vendere la proprietà e per questo si mette in contatto con un potenziale acquirente, un tedesco residente a Pisa che gli fa visita in due scene cruciali del film. In mezzo ci sono sprazzi dedicati al tema della Resistenza – il film è ambientato sulla Linea Gotica che divideva l'Italia in mano ai nazisti da quella liberata dagli alleati – riflessioni sulla crisi economica e politica del Paese – che arriva a Pacifico solo tramite la radio, unico contatto con il mondo esterno – e lunghe sessioni incentrate sul lavoro solitario e affascinante dell'uomo. Una narrazione ondivaga, sulla quale abbiamo chiesto lumi all'autore: “C'è una storia breve di Borges che mi affascina da decenni, L'Aleph. Parla di questo scantinato normalissimo, in cui se uno si sdraia a terra in un un determinato punto può vedere l'Aleph, un punto in cui si concentrano passato, presente e futuro dell'universo. È un concetto che mi affascina molto e credo che questo posto nelle Alpi Apuane sia questo, un Aleph realistico”.
Sulla scelta del titolo, Rapisarda spiega: “Ci troviamo in un momento storico dove è difficile assegnare significato a quello che facciamo. Con il monopolio dell'ideologia capitalista che si manifesta nella globalizzazione, non ci accorgiamo più che ogni gesto ha una sua ideologia, perché non c'è contrasto con altre ideologie. Come diceva Marx, gli eventi avvengono una prima volta come tragedie e si ripetono una seconda volta come farsa. Adesso viviamo in un secolo di farse”.
Per fortuna che almeno per il cinema si aprono scenari incoraggianti. Rapisarda insegna in una scuola di cinema ad Haiti e sta assistendo di persona alla rivoluzione digitale: “Girare in pellicola mi manca, ma la rivoluzione video ha portato una democratizzazione dell'arte cinematografica. Come successo per la scrittura secoli fa, stiamo assistendo a un periodo di alfabetizzazione: non solo ci sono registi giovanissimi, ma soprattutto ragazzini che fanno video su YouTube e sperimentano nel raccontare nuove storie. Tra qualche anno vedremo cose fantastiche e il cinema non sarà più controllato dal denaro e dall'elite”.
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