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Mia Farrow: “Rosemary's Baby mi ha cambiato la vita”

Incontro a Locarno con l'icona del cinema americano. La nostra intervista

Mia Farrow

09.08.2014 - Autore: Marco Triolo, da Locarno
Sono passati tre anni dall'ultima apparizione di Mia Farrow in un film, Dark Horse di Todd Solondz. E probabilmente ne passeranno molti di più prima di poterla rivedere. La stella lanciata da Roman Polanski e confermata nella lunga collaborazione con Woody Allen si è affievolita, ma non perché lei abbia perso il suo carisma. Piuttosto, il fuoco interiore che spinge un attore a voler calcare i set è stato sostituito dai suoi impegni umanitari in veste di ambasciatrice di buona volontà dell'ONU. Ma, incontrandola di persona a Locarno, dove ha ricevuto un premio alla carriera, si ha l'impressione che la luce di Mia Farrow non si sia ancora spenta, anzi. “Sono una donna con tre orologi”, ci fa notare per ricordarci come la sua sfera di interessi graviti ormai più intorno all'Africa che alla carriera di attrice in America. Vi raccontiamo il nostro incontro con una delle più grandi interpreti americane di sempre.


Mia Farrow in Rosemary's Baby.

Quando avete girato Rosemary's Baby, il mondo era sull'orlo dei grandi cambiamenti del '68. Ne era consapevole allora?
Certamente, si sentiva che la marea stava cambiando. La musica, il movimento hippie, la protesta contro la guerra in Vietnam... Per girare il film noi siamo entrati in una specie di bozzolo. Io ero giovanissima, credo di aver compiuto 21 anni durante le riprese. Ricordo che abbiamo girato gli esterni a New York e il primo giorno sul set ho dovuto subito girare una scena grossa, quella della cabina telefonica. Avevamo 45 minuti e poi avremmo perso la luce. Io avevo imparato bene le battute e dissi che l'avrei fatta volentieri, anche in quelle condizioni pressanti, ed è andata bene. Durante le riprese la mia vita cadde a pezzi. Roman Polanski e sua moglie Sharon Tate praticamente mi adottarono, Sharon divenne la mia sorella maggiore e Roman un fratello. Sono molto grata loro e mi dispiace davvero tanto che Sharon sia stata uccisa in quel modo.

Anche Roman Polanski verrà qui a Locarno. Siete ancora in contatto?
Il mio rapporto con lui è legato a quell'epoca, poi si è trasferito in Francia e le nostre vite si sono separate. L'ho incontrato brevemente tempo fa e gli auguro ogni bene.


Mia Farrow e John Cassavetes in Rosemary's Baby.

Come è stato il primo incontro con lui? Secondo lei, perché l'ha scelta nel ruolo di Rosemary?
In realtà non ero la prima scelta. Lui finge di non ricordarlo, forse perché anche lui non era la prima scelta come regista. Il libro era un best-seller enorme e il produttore William Castle, che di solito dirigeva B-movie horror, aveva pensato a un altro cast. Io sono stata scelta perché tutti gli altri attori lo avevano rifiutato. Il mio marito di allora lesse il copione e mi disse “Non ti ci vedo proprio”, e improvvisamente non mi ci vedevo neanch'io, perché quando sei tanto giovane sei insicura. La prima scelta per il ruolo era Jane Fonda, una scelta ovvia perché Rosemary doveva essere una ragazza ventisettenne proveniente dalle campagne di Omaha. Io a Omaha neanche c'ero mai stata e non avevo il fisico adatto a una gravidanza, che poi era il motivo per cui Rosemary viene scelta dai vicini. Jane Fonda era più tipicamente americana di me, ma non ha voluto. E credo che la prima scelta per il marito fosse Robert Redford. John Cassavetes è stato fantastico nel ruolo, ed è stato interessante vedere due registi di quel calibro discutere su come sviluppare una scena. Cassavetes da regista era molto libero, Roman invece è estremamente preciso, dunque inevitabilmente si sono scontrati.

Ultimamente non la si vede molto al cinema. Qual è il motivo? Non le propongono cose interessanti o ha semplicemente perso interesse?
Ho completamente perso interesse. Guardate, ho tre orologi, uno segna l'ora del Darfur, uno l'ora dell'Africa centrale, e uno quella di casa. Già dopo Rosemary's Baby ho iniziato a interessarmi anche ad altre cose. Quel film mi ha cambiato la vita: venivo da una serie TV molto popolare (Peyton Place, ndr) e con Rosemary sono arrivati rispetto professionale e denaro. Ma ho anche capito che le cose che la gente desidera, fama, fortuna e rispetto, non necessariamente portano la felicità. Sentivo il bisogno di trovare uno scopo nella mia vita. Quindi, insomma, per ora non ho nessun interesse a tornare, forse perché ho avuto troppo e troppo presto. Magari in futuro cambierò idea, chissà. Dico questo, ma poi a settembre sarò a Broadway in Love Letters, insieme a Brian Dennehy...


Mia Farrow e Robert Redford ne Il grande Gatsby.

Negli ultimi due anni abbiamo visto remake di due grandi classici a cui ha preso parte, Il grande Gatsby e la miniserie tratta da Rosemary's Baby. Li ha visti? Pensa che Hollywood continui a rifare i classici perché a corto di idee?
No, non li ho visti, ma in generale non è che veda molti film ultimamente. Però adoro i film di Baz Luhrmann e penso che se uno doveva rifare Il grande Gatsby, quello era proprio lui. Il film che ho fatto io tentava di restare fedele al testo, era un'opera piccola e delicata, ma sfortunatamente il produttore cercò di venderla da subito come “il nuovo Via col vento”. Ovviamente non poteva esserlo. Credo che, nel suo voler rimanere fedele al romanzo, il film non funzionasse, perché la forza del testo sono le parole. Quindi Luhrmann è perfetto, ha uno stile molto personale e adatto a realizzare un'opera originale solamente “basata” su Gatsby. Per quanto riguarda Rosemary's Baby, forse il motivo per cui è stato riadattato è perché si tratta di una grande storia. Forse un classico può essere reinterpretato, voglio dire, hanno rifatto anche Psycho, no? Ma credo che Roman abbia impresso il suo marchio su quella storia e forse non c'era bisogno di riprenderla.

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