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John Wick 2: lo spietato camorrista del film è Riccardo Scamarcio, in cerca di nuove sfide

Al Monte Carlo Film Festival intervistiamo l'attore pugliese, presuntuoso per propria ammissione, ma pronto a imparare dalle sue prossime esperienze col cinema internazionale

08.03.2017 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Lo abbiamo incontrato al Festival di Monte Carlo, dove è stato invitato a partecipare a una Masterclass al fianco di John Landis e Costa Gavras, l'attore di Pericle il Nero e del prossimo Andorra (romance thriller diretto da Fred Schepisi, con Clive Owen, Toni Collette e Gillian Anderson) si conferma uno dei protagonisti del nostro cinema più in grado di proporsi ed essere considerato anche dal cinema internazionale. Riccardo Scamarcio in questo momento è impegnato a Belfast nelle riprese della nuova stagione della serie BBC The Woman in White, ispirata al romanzo omonimo di Wilkie Collins (nella quale interpreta l'ambiguo nobiluomo italiano, il Conte Fosco), ma la sua ultima prova con il cinema d'Oltreoceano è il John Wick 2 a breve in sala, nel quale affianca Keanu Reeves, di nuovo nei panni dello spietato killer dopo il film del 2014. Oggi, l'attore e produttore italiano interpreta Santino D'Antonio un camorrista newyorkese di origini napoletane, che ingaggia Wick per eliminare la propria sorella e riprendersi il potere lasciatole dal padre alla sua morte.



Una sfida sfida intrigante e stimolante per Scamarcio, quasi un "ricominciare da capo", il suo continuare a vivere realtà lontane da quella nazionale… "Il frutto di un lavoro, di una volontà di confrontarmi con posti dove le persone non hanno pregiudizi - la definisce, - e io non ho i vantaggi di quando lavoro in Italia". "L'ostacolo della lingua, - continua, - ti costringe a essere più concentrato, ma il fatto di essere uno sconosciuto - con il bagaglio e l'esperienza dell'attore che sono - è interessante. Rimettermi in gioco è uno stimolo professionale. Se uno vuole fare cinema, di qualità, in Italia lo spazio è sempre più limitato, per cui si deve cercare di andare a conquistarsi uno spazio altrove".

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E in questo caso, come ha fatto a conquistarti questo spazio… questo ruolo?
Ogni volta te la giochi… Nel caso di John Wick 2 tutto è nato grazie a un 'self tape' che ho girato in campagna, mentre stavo molendo le olive. Il video gli è piaciuto, e mi hanno chiamato per offrirmi il ruolo, senza nemmeno dover fare il provino vero e proprio. Assurdo, ma a volte queste cose accadono. Anche perché, ovviamente, mi conoscevano già per avermi visto nella miniserie della BBC 'London Spy', con Ben Whishaw e Charlotte Rampling. Stavano cercando un attore italiano, hanno capito che potevo reggere il ruolo in inglese, la faccia era giusta e la tipologia era quella che volevano e così mi hanno offerto il ruolo.

Non si sarà certo abituato a essere uno sconosciuto, che effetto fa?
Ci vuole umiltà, altrimenti diventi pazzo. Non è facile passare dalle attenzioni che ti rivolgono in quanto attore affermato a un film da 50 milioni di dollari nel quale sei solo un attore che viene dall'Italia. Io sono piuttosto presuntuoso, ma non sul lavoro: Vivo queste esperienze come un tornare a scuola, spogliandomi di tutto e concentrandomi su quello che devo fare. Senza sovrastrutture.



E nella pratica in cosa si traduce?
Per esempio, quando ho fatto la prima scena di John Wick 2 ero stato convocato per le otto di sera su un set fuori New York. Fino a mezzanotte e mezza non avevo ancora girato nulla, quando è arrivato il momento della pausa mi hanno messo su un pulmino, che però ha finito col perdersi, arrivando tardi nel posto dove dovevamo mangiare. A quel punto avevo solo dieci minuti, per cui ho avvisato che non avrei mangiato e sono tornato sul set piuttosto nervoso… Anche perché era la prima scena che giravo, una delle più importanti del film e con una decina di pagine in inglese, nelle quali parlo solo io. La tensione era inevitabile. Quando sono arrivato al ciak mi sentivo trattato come l'ultimo degli ultimi. Mi è salita una rabbia… Che però ho convogliato nella mia interpretazione. Quando sono entrato in scena ero perfettamente nel personaggio, e sono andato come un treno, non ho sbagliato niente. In fondo il lavoro che faccio si basa anche sull'energia, sulla sfida e sul rischio. È un continuo controllarsi e lasciarsi andare. Soprattutto in una lingua che non è la tua, devi riuscire a parlarla in maniera corretta, ma senza perdere naturalezza.

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La recitazione è chiaramente la stessa in una produzione 'diversa', anche il lavoro sul set?
Si, il meccanismo è sempre quello, come le dinamiche di set d'altronde. Non cambia nulla, vai a memoria. Poi, chiaramente, se fai una scena in esterni, da noi ci sono cinquanta comparse e lì ottocento. Ma lì c'è una industria… Alla fine che tu il cinema lo faccia con un milione o con cinquecento, la storia è sempre quella… Poi dipende dal regista.

Un bilancio positivo, insomma. Che aumenta il prestigio del nostro cinema?
Mi sono trovato bene, per quanto sia stata una esperienza faticosa. Di grande responsabilità, ma anche di grande soddisfazione. Son riuscito a cavarmela bene, a districarmi in una situazione difficile. E senza sentirne l'ansia, perché l'ho considerata un'opportunità. Una palestra per diventare un attore migliore. Per il resto, anche da produttore, quello che cerco di fare è sempre di realizzare cinema di valore, nel rispetto dei grandi cineasti italiani che ho sempre amato. Ancora oggi, se guardiamo con attenzione ai vincitori degli Oscar, vediamo che molti dei progetti più interessanti nascono dall'Europa, dalla contaminazione… Anche di professionisti. Tra direttori della fotografia, costumisti, truccatori, c'è un grandissimo apporto europeo nel cinema hollywoodiano. La nostra complessità, o "non linearità" se vogliamo, per loro è una grande risorsa.

John Wick 2, in sala dal 16 marzo, è distribuito dalla Eagle Pictures con la collaborazione di Leone Film Group