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Intervista a Liv Ullmann

Intervista a Liv Ullmann

Infedele

14.04.2003 - Autore: Stefano Finesi
Come si è svolta la collaborazione con Bergman per il suo ultimo film Linfedele?   L.U. Quando Ingmar Bergman mi ha proposto di fare questo film, gli ho risposto che si trattava di una storia troppo personale, troppo intima. Lui allora mi ha detto: voglio il punto di vista di una donna, la sua esperienza. Il copione iniziale prevedeva una quantità di dialoghi molto maggiore e ho dovuto lavorare a lungo per adattare il testo alle esigenze di un film. Ingmar non ha voluto partecipare affatto alla realizzazione, anche se è stato necessario tenerlo lontano in fase di montaggio Qualcosa non gli piaceva della versione definitiva. Non era convinto, ad esempio, dell\'eccessiva presenza della bambina, mentre la bambina in realtà è la vittima principale dei legami che si vengono a creare tra i tre protagonisti. Anche se mi piace pensare che lei stessa, in fondo, sia uninfedele: quando nella scena finale balla da sola in salotto, in piena libertà, tradisce a suo modo delle regole che le sono state impartite dallalto.   Giunta al quarto lungometraggio da regista, rimpiange il mestiere di attrice?   L.U. Recitare non ha più significato per me. Ma, trovandomi dallaltra parte della cinepresa, riesco ad avere una maggiore considerazione del valore e del lavoro dellattore di quanta ne avessi quando recitavo.   Qual è il ruolo che hanno le parole e il silenzio nel suo cinema?   L.U Hanno entrambi un ruolo fondamentale ed è terribile come oggi si vada perdendo il valore di entrambi. La tecnologia moderna ha reso la comunicazione approssimativa, alle persone non è dato il tempo di esternare la propria anima attraverso le parole. Se un poeta dice ti amo elenca anche tutte le motivazioni, una per una; in un qualsiasi film dazione si dice ti amo e finisce lì!.   Qual è il cinema che ama e che ha preso come punto di riferimento?   L.U. Potrei pensare ad Hitchcock, ad esempio, al modo in cui gestisce la suspence: i suoi film sono molto parlati allinizio ma non sono noiosi, perché danno loccasione allo spettatore di accumulare quegli indizi che poi permettono di scoprire lassassino o di capire quando sarà commesso un omicidio. Anche nel mio film si parla molto e molti direbbero: ecco un film alla Bergman, in cui si parla per ore e ore! Invece anche io tento di fornire indizi, suggerimenti che possano guidare lo spettatore nello sviluppo della storia e nella scoperta dei personaggi. Poi naturalmente, e non lo dico perché ora mi trovo in Italia, adoro film come Umberto D., Miracolo a Milano, Ladri di biciclette: ero piccola, avrò avuto 14 o 15 anni quando mi imbattei in questi film rimanendone sconvolta. Sono dei veri miracoli! Cè tutto: amore, azione, coscienza sociale.   Da futuro presidente della giuria al Festival di Cannes, come giudica il programma che è stato appena reso noto?   L.U. Purtroppo non posso dire nulla. Se esprimessi un giudizio qualsiasi si potrebbe pensare che mi piacciono certi registi piuttosto che altri. Posso ricordare, però, la mia esperienza da giurato a Cannes nel 1978, quando vinse Ermanno Olmi con L\'albero degli zoccoli: sono stata orgogliosa di aver fatto parte di quella giuria.      
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