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Indivisibili: il regista Edoardo De Angelis presenta una storia d'amore potente e impossibile

Il regista: "Il mio melodramma parlato in una lingua che si rivolge più al cuore che alla mente"

27.09.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
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C'è un momento all'interno di Indivisibili in cui le due protagoniste - gemelle siamesi che scoprono di avere la possibilità di sottoporsi a un intervento per separarsi - camminano a passo veloce. Le vediamo in fuga dalla loro vita e in preda a una forte paura del futuro. E le vediamo scontrarsi e alzare il volume della tensione prima di una riconciliazione in cui ritornano a scambiarsi sorrisi e coccole. Quella sequenza dura cinque minuti ed è una delle scene più potenti del film. 
 
La nostra conversazione con il regista Edoardo De Angelis parte proprio da quel momento del film: "Hai citato una scena che racconta molto come si sta evolvendo il mio modo di riprendere: ho abbandonato completamente la costruzione delle riprese per pezzi, adesso giro sequenze lunghe. Quel giorno sul set pioveva a dirotto: abbiamo ripreso le nostre protagoniste per circa un chilometro e mezzo. Un totale di cinque minuti di ripresa".



Cinque minuti in cui vediamo le tue protagoniste in preda a forti emozioni: tensione, paura, gioia. Ci sono lacrime, a un certo punto litigano. Raccontami di più di quel giorno e di come sei riuscito a tirar fuori tutte quelle emozioni in pochi minuti...
Sin dall'inizio ho chiesto alle ragazze una rilettura dell'italiano: lo hanno fatto partendo dal loro dialetto. Volevo che parlassero quella loro lingua misteriosa e incomprensibile perfino ai napoletani. Ed è una lingua che arriva direttamente al cuore, più che al cervello. 

Al film bastano pochi minuti per rovesciare le prospettive. Inizia come film sui "freaks" e poi sembra che i mostri siano proprio quelli che si considerano "normali". E' stata una sfida scommettere su questa dinamica?
Rapidamente ci siamo resi conto che le prospettive cambiavano, una presa di coscienza scattata dallo sforzo di voler tratteggiare personaggi a tutto tondo. Abbiamo capito che non sarebbe stato giusto mettere i "mostri" da un lato e i normali da un  altro. I cosidetti "mostri" vogliono essere normali e i normali possono invece essere veri mostri. Chi è dunque il vero mostro?
 
Tornando alla scelta del dialetto, l'aver ambientato questa storia in sud Italia cosa ha aggiunto al film? 
Potrebbe anche essere stata ambientata altrove, ma Castel Volturno (provincia di Caserta, NdR) in particolare rappresenta un elemento ulteriore per sottolineare il tono in bilico tra normalità e mostruosità. Inizialemente era un luogo normale e bello, ma poi è stato devastato. Violentato. Ha rivelato la sua mostruosità. In un'inquadratura mostriamo una betoniera al centro della spiaggia, come per dire che c'è un desiderio forte di ricostruzione. A volte mi chiedono se voglio fare film altrove, certo non lo escludo, ma credo che riuscire a penetrare una realtà così a fondo - una realtà che conosco bene - ti dia la possibilità di toccare corde sentimentali universali. Più sei distante e superficiale più quelle emozioni vengono negate. Io ambiento i miei film qui, perché vengo da quei posti: nel punto interrogativo tra realismo e magia, io cerco la verità. 


 
Un'altra immagine che colpisce, e che si ripete continuamente nel corso del film, è l'abbraccio tra queste due protagoniste: a turno una di loro mette quasi sempre il braccio sulla spalla dell'altra...
E' il modo in cui ho costruito i due personaggi: con un abbraccio perenne che racconta in maniera affettuosa l'indissolubilità del loro legame. Quando però litigano questo abbraccio diventa uno schiaffo, dunque un distacco ancora più evidente nei momenti conflittuali. Quando non c'è conflitto, le ragazze si amano: questo film è né più e né meno che una storia d'amore. E' un melodramma, perché raccontiamo una storia d'amore impossibile.
 
Ancora a proposito del tono del film, un altro elemento importante è rappresentato dalle musiche di Enzo Avitabile. Quanto le sue note innalzano lo spirito di questa storia?
Tanto, ma anche le musiche di Enzo hanno una parte profondamente terrena, anche grazie al contributo dei Bottari di Portico, gruppo storico e folkloristico che usa le botti dei vini come rito propiziatorio per il raccolto. Quindi da una parte abbiamo questa dimensione terrena, dall'altra una dimensione spirituale con l'uso degli strumenti a fiato a cui ricorre Enzo.
 
Quando non dirigi fai lo sceneggiatore e ti dedichi anche alle commedie: hai scritto Andiamo a quel paese di Ficarra e Picone e adesso hai curato anche la sceneggiatura del loro nuovo film, L'ora legale. In che modo alterni questi due toni: quello di un regista che affronta tematiche così serie e importanti e di uno sceneggiatore alle prese con storie veramente divertenti?
Lavorare con Salvo e Valentino è molto divertente ma è anche una sfida. Un esercizio importantissimo e fondamentale che mi pone in relazione con un linguaggio che normalmente non utilizzo nei miei film. Mi piace sperimentarlo, perché mi mette in relazione con un altro aspetto del cinema. E mi aiuta ad esercitare l'umiltà quando faccio i miei film. 

Indivisibili arriva nei cinema dal 28 settembre distribuito da Medusa.
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