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Incubi e perversioni di Federico Zampaglione

Il regista di Tulpa dichiara: "Fanno parte del mio flusso creativo". L'intervista esclusiva

tulpa scena gerini

22.06.2013 - Autore: Pierpaolo Festa
L'ultima volta che Film.it ha parlato con Federico Zampaglione risale al Noir in Festival nel dicembre 2012. A Courmayeur presentava una delle prime proiezioni italiane di Tulpa e confessava: "Fare il regista è un mestiere del cazzo. Devi essere il primo ad arrivare, l'ultimo ad andare via. Rispondere a tutte le domande che ti vengono fatte anche quando tu non hai una risposta. Può essere totalmente stressante". Sei mesi dopo la dichiarazione non cambia nella forma, ma ne sviluppa il contenuto: "Sì è ancora un mestiere del cazzo - afferma Zampaglione - Però alla lunga ti fa diventare psicologo e impari ad ascoltare gli altri". Il bicchiere è mezzo pieno, dal momento che il musicista vede già il suo futuro da filmmaker: "Questo percorso artistico è sbucato fuori grazie alla mia passione. Non me lo aspettavo di certo. Io faccio un altro lavoro in realtà. Però, chissà cosa ti dirò quando avrò fatto altri dieci film...".

Approfittando della nuova fase di accettazione chiediamo a Zampaglione di parlarci dello stress oscuro che lo ha colpito durante la lavorazione di Tulpa, il film che lui torna sempre a definire "un vero giallo italiano".
Tulpa è ispirato al giallo anni Settanta e Ottanta. Sei nostalgico verso quell'epoca?
Sinceramente ho il cuore che è rimasto lì. In quel momento il cinema italiano era fatto di follie e imprevedibilità, pieno di elementi sopra le righe. Con Tulpa ho voluto recuperare il più possibile questa matrice, quasi fosse un ponte dagli anni Settanta al mondo di oggi.

Da ragazzino cercavi mai di infilarti alle proiezioni horror vietate ai minori?
Volevo andarli a vedere tutti, ma non avevo ancora compiuto quattordici anni. Dunque per me era una sofferenza sapere che in sala c'erano questi film cui non avevo accesso. Poi ho visto di tutto: polizieschi, film ironici, gialli. Quello era un mondo di artigianato cinematografico, un cinema in grado di risuonare in tutto il mondo. Ma come accade spesso nel nostro Paese, tutte le cose belle gli italiani tendono un po' a dimenticarsele.

Wes Craven ha sviluppato Freddy Krueger nei suoi sogni, Brian De Palma dorme con un registratore sul comò per annotare quello che sogna. Tu hai un metodo simile? Peschi mai dai tuoi sogni?
Sì, mi è capitato di svegliarmi e disegnare immagini precise e scene inquietanti. Sono queste le visioni che ti salvano la pelle sul set: sono immagini preziosissime che fanno parte del flusso creativo, un po' come quando scrivi un album e ti arrivano sprazzi di melodia all'improvviso.

Immagino che possa anche avere un effetto contrario e disturbante...
Di certo mi capita sognare di essere una delle mie vittime, ma la verità è che mentre giravo Tulpa non avevo nemmeno bisogno di dormire. Perfino mentre pranzavo alcune immagini disturbanti mi aggredivano all'improvviso. Il problema con questi film è che finiscono per suggestionarti: ti lasciano una sensazione di angoscia.

Parliamo del confine tra trasgressione e fascinazione. Le scene più bollenti di Tulpa sono ambientate all'interno di un privé frequentato dalla protagonista. Cosa hai scoperto su questi posti mentre preparavi il film?
Che esistono a Roma come in tutto il mondo. Alcuni amici me ne avevano parlato: in un paio di occasioni sono andato a studiare e guardare come funzionano. C'era tutto un mondo di cui era importante farsi un'idea. Una realtà che ti spiazza per come sia erotica ma anche inquietante. Ecco, finisci che rimani sospeso su entrambi gli aspetti.

Una delle sequenze che hanno trainato il film prima ancora dell'uscita è quella della "threesome" (una scena di sesso a tre). Mi chiedo cosa ti abbia provocato più difficoltà: se tutti quegli omicidi ben congegnati o le scene di sesso in cui era coinvolta la tua compagna Claudia Gerini...
Senza Claudia il film non esisterebbe. E lei si è affidata a me, dal momento che sapeva che si trattava di un genere cinematografico che conosco bene. Nelle scene del privé ho cercato subito di spegnere la paranoia che si sentiva tra la troupe e cercare di creare un'atmosfera un po' allegra. Le scene degli omicidi invece sono frutto di grande lavoro di preparazione. Abbiamo utilizzato diversi effetti speciali. In questo sono stato aiutato molto da Dardano Sacchetti.

Dopo Tulpa quali altre perversioni ti restano da raccontare?
Ce ne sono tante. Il genere umano sta diventando sempre più perverso e morboso. Forse esplorare il Crystal Meth sarebbe interessante: è una droga terribile che ti trasforma fisicamente in mostro. Le droghe ormai mi mettono paura per come sono semplici da rintracciare e messe sul mercato con una facilità assurda. Possono essere terribili per gli adolescenti, impreparati a danni irreversibili.

Chiudiamo con la domanda di battaglia: qual era il poster che avevi in camera da ragazzino?
Ne avevo tanti musicali. Tra questi ne ricordo due: Jimy Hendrix ed Eric Clapton.

Tulpa è distribuito nei cinema da Bolero Film.