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Il ritorno di Independence Day: e se gli alieni ci invadessero davvero?

Uscirà il prossimo 8 settembre Independence Day: Rigenerazione. Quanto il mondo devastato di Emmerich è vicino alla realtà? La parola allo specialista, il Professor Roberto Poli, docente di previsione sociale all’Università di Trento e prima cattedra Unesco sui sistemi anticipanti

Independence Day: Rigenerazione

04.08.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
Sono passati vent'anni da quel weekend di fine settembre 1996, quello in cui ci siamo tutti uniti alla fila per entrare in sala a vedere Independence Day. Un evento cinematografico lucidato al meglio da Hollywood, un kolossal di fantascienza che è stato l'ultimo blockbuster di fine millennio e allo stesso tempo il primo del nuovo secolo. Due decenni dopo ci prepariamo a una nuova invasione aliena orchestrata ancora una volta da Roland Emmerich.

In che modo ha previsto il futuro? C'è spazio per gli alieni buoni in quest'era cinematografica? E rovesciando anche la logica: cosa succederebbe se gli alieni venissero realmente a farci visita. O forse sarebbe meglio riformulare la domanda: gli extra-terrestri sono già qui tra noi? Lo abbiamo chiesto al Professor Roberto Poli, docente di previsione sociale all’Università di Trento e prima cattedra Unesco sui sistemi anticipanti.


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In Independence Day: Rigenerazione il 2016 viene rappresentato come conseguenza degli eventi accaduti nel 1996: i vari Paesi del mondo collaborano per ricostruire quanto è andato distrutto e prepararsi a un eventuale nuovo attacco. Riflettendo su quali erano alla fine del secolo scorso le aspettative per il nuovo millennio, cosa non si è realizzato? In che modo il presente è simile a o differente dalle nostre previsioni di venti anni fa?
Rispetto al 1996 abbiamo vissuto molti cambiamenti. Basti ricordare l'attacco alle Torri Gemelle del 2001, una crisi economica lunga e faticosissima, un costante peggioramento delle condizioni di vita della piccola e media borghesia, la consapevolezza che la globalizzazione ha finito con l'aumentare le differenze ed è andata a vantaggio di pochi, l'innescarsi di importanti flussi di immigrazione, enormi livelli di disoccupazione giovanile. Non è sorprendente che l'attitudine verso il futuro sia cambiata e che il disorientamento se non la paura siano aumentati.

Inizialmente Roland Emmerich voleva fare un film sugli alieni buoni, ma non glielo hanno permesso. Ecco, i produttori non credono più in film come E.T. o Incontri ravvicinati del terzo tipo. Come mai un messaggio di pace declinato nel futuro non può conquistare il grande pubblico? Come mai trent'anni fa invece era possibile?
Emmerich è noto per le sue interpretazioni catastrofiste del futuro. Si pensi a film come L’alba del giorno dopo in cui il riscaldamento globale innesca una glaciazione, Independence Day in cui gli alieni si comportano come i peggiori esseri umani, o 2012, in cui una élite riserva a se stessa il privilegio di sopravvivere alla fine del mondo. Una spiegazione nemmeno troppo cinica è che il pubblico pagante si aspetta effetti speciali ed emozioni forti. Se non ci sono minacce e catastrofi, non vale la pena acquistare il biglietto.

Dunque al botteghino, gli alieni buoni funzionano poco e male...
Sì e se per caso sembrano buoni, è perché stanno dissimulando le loro reali intenzioni come i Visitors. Trent’anni fa non c’erano gli effetti speciali di oggi, i costi erano più contenuti, i profitti meno incerti. Lo spazio per le favole a lieto fine è stato eroso oltre che dai maggiori costi dell’industria cinematografica, anche dagli effetti della crisi economica e dalle maggiori incertezze politiche e culturali di questi anni. Un regista come Emmerich però è anche in grado di coniugare il genere del disaster movie con un messaggio di speranza.


FOTO: L'EVOLUZIONE DEI DISCHI VOLANTI AL CINEMA

Nel film l’invasione aliena scatena una grande crisi a livello mondiale. Anche nel mondo contemporaneo si sta vivendo una grande crisi. È possibile che in momenti così difficili l’umanità si predisponga per la sopravvivenza e per il cambiamento, creando migliori schemi sociali?
In realtà nei momenti di crisi non c’è quasi mai un vero apprendimento. Una volta scongiurato il pericolo, ritornano le ostilità e le difficoltà interne. È nei periodi di “pace” che dovremmo innescare meccanismi di comprensione reciproca capaci di durare nel tempo e che possano disinnescare i pericoli strutturali. Essere costretti a cambiare per una minaccia esterna porta a cambiamenti confusi, disordinati e spesso con grandi costi. Noi lavoriamo attraverso la nostra start-up -skopìa per far riconoscere il ruolo chiave della futures literacy: ovvero pensare e costruire il nostro futuro imparando a gestire il presente. Al pari del saper leggere e scrivere, saper maneggiare gli strumenti della futures literacy ci permettere di compiere scelte più consapevoli non solo nella nostra vita, quindi a livello individuale, ma anche a livello di impresa o società.

Come immagina un contatto con gli alieni? E come la vede con la probabilità che, effettivamente, qualcuno ci stia osservando?
Come che sia, un incontro con altre forme di vita sarebbe radicalmente trasformativo, nel bene e nel male. Si tratterebbe di una importante discontinuità socio-culturale e psicologica. Noi affrontiamo queste discontinuità come “cigni neri” – cioè come eventi rari ad alto impatto. Quello che si deve fare in questi casi è di “anticipare” l’arrivo di queste discontinuità, pensandoci e preparando piani di intervento, come ad esempio viene fatto in Independence Day: Rigenerazione, in cui si immagina che l’umanità cooperi per la difesa del pianeta da un eventuale invasione aliena, nell’ambito di un programma speciale dell’ONU, l’Earth Space Defense. Che siano gli alieni, una nuova scoperta scientifica o qualunque altro evento raro ad alto impatto, cambia ben poco, la metodologia è la stessa. Uno dei principali “cigni neri” degli ultimi decenni è stato sicuramente l’attacco alle Torri Gemelle: ha colto tutti impreparati e ha cambiato la scena politica mondiale. Ci sono anche cigni neri positivi, come la scoperta della penicillina. Va da sé che l’incontro con l’alieno sarebbe il cigno nero per eccellenza!

Siamo sicuri che se gli alieni venissero sul nostro pianeta ci attaccherebbero? Quanto è credibile invece un'ipotesi di pace planetaria?
La radice del problema è nel modo in cui trattiamo chi per qualunque motivo è visto come “diverso”, “altro”. Incominciamo con il prendere in esame le molte forme di diversità, da quelle più ovvie a quelle via via più complesse, quali maschio-femmina, giovane-anziano, sano-malato, europeo-non europeo, bianco-non bianco, etc. La questione è sempre del tipo “noi” verso “loro”. In fondo, ci sono voluti diversi millenni per capire che le tesi fondamentali dell’etica (quelle che definiscono il “noi”) valgono per tutti gli esseri umani, quali che siano le loro specificità. Ora siamo in una fase in cui stanno maturando almeno due fondamentali ampliamenti. Da una parte l’estensione verso le future generazioni. Dal momento che noi abbiamo trovato un pianeta tutto sommato vivibile, abbiamo il dovere di lasciare un pianeta tutto sommato vivibile a chi verrà dopo di noi.


INDEPENDENCE DAY: RIGENERAZIONE, IL TRAILER DI 5 MINUTI

Dunque la domanda è: come possiamo avere un dovere verso qualcuno che non è ancor nato?
È palese che in questo caso la logica giuridica (si può parlare di obblighi e doveri solo fra persone esistenti) non funziona. In secondo luogo stiamo assistendo ad una estensione dei precetti fondamentali dell’etica verso almeno alcuni settori del mondo animale. Molti sentono che c’è un modo giusto di trattare (almeno alcune del) le altre forme di vita. Ad esempio, nel senso di evitare forme gratuite di sofferenza. Sono forme di sensibilità etica in sviluppo; probabilmente ci vorranno ancora alcune generazioni perché diventino attitudini condivise dalla maggioranza delle persone. In questo quadro, il problema degli alieni e di come convivere con loro non è poi così difficile. In una cultura razzista (come lo era anche la cultura europea di due secoli fa) è quasi impossibile pensare al diverso come a un vero essere umano. Ora queste idee ci sembrano del tutto errate. Per quante oscillazioni, per quanti passi in avanti e all’indietro ci capiti di fare, la tendenza di fondo incardinata nella storia dell’umanità è però univoca.

Nel primo Independence Day scoprivamo l'esistenza dell'area 51, quanto il professor Poli è invece appassionato di “paranoia della cospirazione”, quanto queste cose secondo lei sono già successe? Penso anche a Medvedev che tempo fa ha paragonato la nostra realtà a quella descritta in film come Men in black, e cioè l'esistenza degli alieni nascosti nel nostro mondo (un po' anche come Essi vivono di Carpenter)...
John Podesta, uno dei responsabili della campagna elettorale di Hillary Clinton, e la stessa candidata alla presidenza degli Stati Uniti, hanno promesso che cercheranno di far luce sulla questione degli UFO accedendo ai dati riservati archiviati dal governo federale, i cosiddetti “X-Files”. In un’intervista televisiva in piena campagna per le primarie, Clinton ha ipotizzato che il nostro pianeta possa essere già stato visitato da alieni. Medvedev si riferiva a un documentario ufologico russo intitolato Misteri degli Uomini in Nero che, tra le varie cose, sostiene che il Ministero della Difesa impiega gli equivalenti russi di Fox Mulder e Dana Scully per indagare i loro X-Files. Essi vivono è un capolavoro: forse il più corrosivo attacco agli elementi anti-umani presenti nella civiltà contemporanea (consumismo, materialismo, psicopatia/sociopatia, ecc.). Descrive la nostra metà oscura, così sinistra da sembrare aliena. Se però ci pensiamo anche solo un attimo, l’idea che non siamo quello che ci sembra di essere è in circolazione da oltre 150 anni, ben prima della nascita dell’industria cinematografica.

A proposito del modo in cui il cinema tratta il futuro. Uno dei film che mi ha più colpito negli ultimi dieci anni è I figli degli uomini di Alfonso Cuarón. È ambientato nel futuro, eppure mostra un'epoca tanto grigia quanto simile alla nostra attualità. In alcune scene si vedono perfino campi di concentramento degli immigrati in UK. Cuarón una volta mi ha detto che inizialmente ha bocciato tutti i concept dei suoi scenografi che immaginavano un futuro luminoso. Quanto concorda che è un futuro che ci ha già raggiunto? E ovviamente, quanto si può essere d'accordo con Cuarón nel condividere tale pessimismo?
I protagonisti de I figli degli uomini, ambientato nella Gran Bretagna del 2027, si imbattono effettivamente in campi di internamento per rifugiati in fuga da un’Europa continentale implosa e in preda al caos. Uno di loro parla in italiano, nell’originale, e viene seviziato da guardie che evocano un passato europeo tragicamente noto. Le strade di Londra sono percorse da mezzi pubblici blindati, trasformati in gabbie per la deportazione degli “immigrati illegali”, e la popolazione viene istruita da insegne e comunicati che la esortano a denunciarli. Le tendenze che vengono descritte dal film sono già attorno a noi. Il futuro che viene descritto è una moltiplicazione esponenziale del presente. Alfonso Cuarón ha forse sentito il dovere di dire “attenzione, se continuiamo su questa strada rischiamo di arrivare a una situazione in cui non ci piacerà trovarci”. Dal mio punto di vista, due osservazioni sono importanti. Primo, la tecnica di “prescrivere il sintomo” è una tecnica efficace che, se ben usata, può aiutare a creare consapevolezza dei pericoli in maturazione. Noi però la usiamo in contesti strutturati in cui aiutiamo i partecipanti a trasformare l’immagine della catastrofe in strategie proattive che impediscano la realizzazione di tale catastrofe (o almeno ne indeboliscano gli effetti negativi). Questa seconda parte manca completamente nella usuale visione di un film. Questo è anche uno dei motivi per cui i prodotti artistici che cercano di dare dei messaggi spesso falliscono miseramente in questo loro sforzo supplementare.



Chiudiamo con un po' di speranza: avremo mai un senso di unità come razza umana? È uno dei messaggi fondamentali del cinema di Emmerich.
Oggi credo che l’idea di un governo globale sia disfunzionale perché presuppone una uniformità che distrugge varietà. È anche il limite della globalizzazione perseguita negli ultimi decenni. Una governance unitaria dei problemi, che permetta di affrontarli senza imporre un eccesso di uniformità, potrebbe invece rivelarsi opportuna. Dovremmo riuscire a costruire un contesto unico al cui interno vari gruppi possano sentirsi a loro agio. È bello incontrare altre persone, fare esperienze, conoscere altre culture, proprio perché sono diverse da noi. Se fossimo tutti cloni gli uni degli altri, la vita sarebbe noiosa, se non peggio. In questo senso, anche qualche “barriera” è bene che continui ad esistere, altrimenti si aumenta la possibilità di conflitti espliciti. Facciamo tanto riferimento all’incontro con gli alieni come contatto con una specie totalmente diversa, ma se riflettiamo possiamo facilmente accorgerci che già ora alcune culture, alcune civiltà vengono da noi viste (e noi da loro) come reciprocamente estranee. Iniziamo a gestire prima le differenze più prossime a noi, impariamo a sviluppare le nostre capacità di dialogo e confronto – anche con chi non è disposto ad avere uno scambio alla pari – e forse un giorno saremo pronti anche a far fronte ad un eventuale contatto con gli alieni. La vera scommessa, oggi come domani, sarà quella di accettare e valorizzare le differenze.

In uscita l'8 settembre, Independence Day - Rigenerazione è distribuito da 20th Century Fox.