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Il grande cinema italiano in DVD con L'attesa. Parla il regista Piero Messina

Uno dei migliori film italiani del 2015 esce in DVD. Ne abbiamo parlato in esclusiva con il regista, l'esordiente Piero Messina

L'attesa

21.01.2016 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
“La storia dell'elaborazione di un lutto, di un'attesa, ma soprattutto di una condivisione”. Piero Messina ha lavorato alla seconda unità di This Must Be the Place e La grande bellezza di Sorrentino prima di debuttare al lungometraggio con L'attesa, presentato in concorso al Festival di Venezia lo scorso anno. Il film ha lasciato il segno, per l'accostamento potente tra un apparato visivo di tutto rispetto – debitore in parte del mentore Sorrentino, ma nemmeno troppo – unito alle performance ipnotica delle due attrici protagoniste, Juliette Binoche e la giovane Lou de Laâge, sullo sfondo di una Sicilia davvero atipica. In occasione dell'uscita in DVD del film, vi presentiamo la nostra intervista esclusiva al regista.

 
Ogni film è un viaggio, ma questo è anche un'attesa. Come coniughi le due cose?
Scrivere una storia, per me, nasce proprio dal desiderio di coniugare cose apparentemente lontane. Il mio film è la storia dell'elaborazione di lutto, di un'attesa, ma soprattutto di una condivisione. Mi interessava raccontare di questi due personaggi che, in uno spazio vuoto e isolato dal mondo reale, cominciano a credere a una realtà alternativa, la partenza del figlio di Anna, e nel momento in cui condividono questo insieme, questa possibilità diventa reale. È ciò che accade anche nella scena della processione: quando tante persone si radunano intorno a un pezzo di legno, una statua, e ci credono tutte insieme, per un attimo quella statua rappresenta altro.
 
Come mai hai scelto di avere due protagoniste francesi?
La lingua è una cosa di cui non mi sono preoccupato. Nonostante sia film molto siciliano e legato alla Sicilia, non volevo raccontarla nell'aspetto più verosimile. Siccome la sceneggiatura prevedeva solo una casa vuota e due attrici, sapevo che mi servivano due attrici straordinarie, al di là della lingua. Quindi ho cercato l'attrice migliore per Anna, che per me era Juliette sin dall'inizio, mentre per Lou è stato fatto un lavoro completamente diverso. Ho fatto provini ogni giorno per sei mesi, e all'ultimo provino dell'ultimo giorno ho incontrato lei e ho capito che avrebbe portato al personaggio qualcosa di molto più bello di quello che avevamo scritto.

Nel film c'è una ricerca di luoghi molto particolari, non certo una Sicilia da cartolina. È una cosa che si sta diffondendo sempre di più nel cinema italiano, si va contro gli stereotipi con cui siamo conosciuti all'estero. Era una cosa che avevi pensato da subito o ti sei fatto incantare dai luoghi?
Incantare no, perché quelli sono i posti in cui sono nato, quindi l'incanto non c'è più. Ma forse l'ho subito nel momento più importante, l'infanzia. Le meraviglie dell'infanzia strutturano l'immaginario, e per chi lavora con l'immaginario, come me, quelle suggestioni diventano importanti. Per me, come ogni altra cosa nel cinema, i luoghi vanno usati per raccontare una storia. Il bello di questo lavoro è usare tutti gli elementi, fregandosene della verosimiglianza, ma facendo in modo che tutto sia coerente con l'emozione che racconti.
 
In L'attesa non c'è solo una forte componente visiva, ma anche scelte molto accurate nel sonoro. Sta accadendo sempre più spesso in Italia, dove per anni l'aspetto tecnico era fin troppo ignorato. Pensi che si possa definire una “new wave” del cinema italiano?
Questo non lo so, ma è vero, per fortuna, che in Italia si sta iniziando a fare film che curano l'aspetto fondante cinema, ovvero la dimensione audiovisiva. Per me è un dato di fatto che, quando si mortifica questo aspetto, il cinema è meno interessante. L'importante è che la dimensione audiovisiva non diventi un filtro tra personaggio e spettatore. Negli ultimi anni si è perso l'equilibrio nel rapporto tra l'immagine e ciò che abita l'immagine, quasi come se, quando si semplifica ciò che vive dentro l'inquadratura, fosse necessario semplificare l'inquadratura per non fare “rumore” attorno. Per quanto mi riguarda, questo è frustrante sia da regista che da spettatore. Io, se vedo una bella immagine, cerco di fare in modo che ciò che accade dentro sia più potente dell'immagine stessa, e viceversa. Nel caso de L'attesa, quando ho capito di avere due attrici in stato di grazia mi sono sentito autorizzato a lavorare molto bene anche sulla costruzione dell'immagine.

 
Per finire, la domanda che facciamo a tutti quelli che intervistiamo: che poster avevi in camera da ragazzo?
In camera non avevo poster, ma, siccome da ragazzo ero un writer, la mia stanza era decorata da un enorme graffito fatto da me e dalla crew con cui dipingevo.
 
L'attesa è disponibile nei negozi in DVD da Warner Bros.