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Conversazione con Adrien Brody

Abbiamo incontrato l'attore premio Oscar in occasione della presentazione, a Roma, di "Predators", che lo vede protagonista

Adrien Brody

05.07.2010 - Autore: Federica Aliano
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Fuori il caldo dell’estate romana, dentro un allarme antincendio che ha sorpeso i presenti, tutti convinti, a ragione, che si trattasse di un falso allarme. Ma è stato quello il momento migliore della conferenza stampa con Adrien Brody, fisico asciutto e aria sonnolenta, per fortuna ravvivata dalla sua consueta voce maschile e bassa, forse l’elemento più importante del suo fascino. Risposte lunghe, pronunciate lentamente, che non hanno rivelato molto né sul film né sulla preparazione del ruolo da parte dell’attore. Nessuna domanda personale, nessun riferimento alla “faccenda Polanski”; qualcuno ci ha provato, ma Brody è stato adamantino al riguardo.
Non sta a me giudicare e non intendo pronunciarmi su quanto accaduto”, ha ribadito. Più tardi lo abbiamo intervistato assieme a pochi colleghi:

Adrien Brody

Tu che sei abituato a recitare in altri ruoli, come ti sei praparato a questo film, in cui si potrebbe persino scommettere sul personaggio che muore per primo – e che ovviamente non sarebbe mai il tuo?
Morire per primo? Spero proprio di no! Ogni ruolo è diverso e per me ognuno rappresenta una sfida. Per "Predators", mi sono concentrato sul personaggio, sulla sua psicologia e il suo agire. Ho fatto molto addestramento paramilitare, perché per me quella era la chiave per interpretarlo. Ho letto molti libri, manuali dell’esercito e anche saggi di filosifia militare, testi buddisti che mi facessero comprendere la mentalità di un guerriero che è un lupo solitario. Mi sono isolato, chiuso in me stesso. Poi, ovviamente, c’è stato molto addestramento fisico.

Mi hanno colpito molto le armi che avete nel film: sono tutte di grosso calibro, molto pesanti da maneggiare. Il personaggio femminile ha un’arma ipertecnologica, contrapposta al grosso coltello che hai tu nella giacca...
Il machete è un richiamo al film originale con Arnold Schwarzenegger: ha lo stesso design ed è stato realizzato dallo stesso artigiano. È qualcosa di tipico dei film di questo genere e ti consente a un certo punto di girare delle scene di corpo a corpo, perché non c’è la distanza dello sparo. Mi piaceva molto il fatto di tenerlo sul davanti della giacca.

Adrien Brody in Predators

Hai seguito un training particolare per maneggiare queste armi?
Sì, perché un soldato, quando deve ricaricare la sua arma, deve sostituire un pezzo o magari deve risolvere in fretta il fatto che gli si è inceppata, non abbassa lo sguardo, non ha bisogno di guardare ciò che fa. Un vero soldato la sa maneggiare anche senza guardare. Quindi ho fatto un po’ di addestramento, ma anche un allenamento di arti marziali. Credo che queste cose debbano far parte del normale trainig di un attore perché c’è molta richiesta, per gli uomini, di ruoli in cui si usano le armi da fuoco o sono richieste prestazioni atletiche in scene di lotta. Un attore deve saperle fare. Del primo film mi colpì la potenza di fuoco della armi utilizzate, è eccitante usare quelle armi.

Secondo te è voluto il fatto che l’unico personaggio che porta un barlume di positività e di speranza sia una donna?
Non ho scritto io la sceneggiatura e neppure ho collaborato alla sua stesura, quindi non so dire fino a che punto questo sia intenzionale. Nel film ci sono degli aspetti così complessi che restano aperti, che puoi leggerci praticamente qualsiasi cosa, ma non so quanto fosse voluta, sin dall’inizio, una prospettiva morale della vicenda. Per me, ho studiato il mio personaggio, e volevo far trasparire quanto per lui fosse difficile prendere delle decisioni. Era importante non rendere glamour, non farlo passare per un eroe positivo, un uomo che di base è un assassino e che ha compiuto dei delitti contro l’umanità.

Adrien Brody

Quanto ha contribuito Robert Rodriguez al look del film?
Rodriguez ha una mente creativa naturalmente portata a influenzare chi lo circonda, quindi ha ispirato molto Nimrod Antal per il film. Il suo apporto è stato notevole, anche se poi, d’altro canto, gli ha dato una estrema libertà. Molti elementi del film, comunque, devono parecchio alla sua creatività. Inoltre si è dato fare per tutti gli aspetti relativi al marketing.

Conoscevi già i film di Nimrod Antal?
Sì, e dei suoi precedenti ho apprezzato soprattutto "Kontroll".
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