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Chi scriverà la nostra storia, la società segreta degli ebrei del ghetto di Varsavia raccontata in un film

L'Olocausto raccontato in prima persona nel docu-dramma di Roberta Grossman che fa luce sui documenti dell'Archivio Ringelblum

27.01.2019 - Autore: Pierpaolo Festa
Una domanda che viene  rivolta spesso a Roberta Grossman è: “Ma perché giri l'ennesimo film sull’Olocausto?”. E tutte le volte la regista ha la risposta pronta e immediata: “Non sapevo che avessero già girato sei milioni di film sull’Olocausto...”. Sei milioni di morti, sei milioni di storie. La maggior parte delle quali non saranno mai ascoltate. Chi scriverà la nostra storia è il titolo del nuovo lavoro diretto da Grossman, un film che fa luce su una vicenda poco conosciuta del Ghetto di Varsavia: non la rivolta degli ebrei dell'aprile del 1943, ma la lotta silenziosa della compagnia segreta composta da giornalisti, ricercatori e capi della comunità e guidata dallo storico Emanuel Ringelblum. Un gruppo conosciuto con il nome in codice Oyneg Shabes (“La gioia del Sabato” in yiddish), uomini e donne che decisero di combattere la propaganda nazista amati solo di carta e penna.

L’archivio Ringelblum è un insieme di documenti scritti dal 1939 al 1942, anno in cui furono sotterrati all'interno di scatole e contenitori di latta. Nel 1946 furono ritrovate 30.000 pagine che includono scritti, fotografie, poster: un racconto in prima persona degli eventi dell'Olocausto. “Ho passato la mia vita a studiare l’Olocausto ma non sapevo nulla di questa storia – dichiara la regista quando Film.it la chiama al telefono - Il diario di Anna Frank è il libro più pubblicato al mondo dopo La Bibbia, ma ci sono almeno una dozzina di diari contenuti nell’archivio Ringelblum, molti dei quali non hanno mai visto la luce”. 

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Ha definito questa storia “la più importante storia mai raccontata sull’Olocausto”. Come mai? 
Prima di tutto questa è solo una mia considerazione. Certamente ogni storia di sopravvivenza è la più importante. Quella dell’Archivio Ringelblum è la storia di persone disposte a morire pur di fare emergere la verità. Ecco quanto è potente ed ecco perché ho dedicato sette anni alla realizzazione di questo film: questi ebrei hanno creato una "capsula del tempo" allo scopo di farla trovare a chi sarebbe sopravvissuto. Se non avessimo avuto questi archivi, dunque, non avremmo scoperto nulla del ghetto di Varsavia. Avremmo saputo soltanto come sono morti questi ebrei, ma non come hanno vissuto per diversi anni. I documenti ritrovati svelano quanto si siano presi cura l’uno dell’altro. Scopriamo come si organizzavano sotto la superficie, come e cosa mangiavano, come contrabbandavano beni necessari. L’archivio ci dice tutto ciò che facevano per cercare di sopravvivere come singoli e come comunità. 

 
Anche la storia del ritrovamento di questi archivi meriterebbe un film tutto suo.
Sì, di solito gli ebrei seppellivano soldi e gioielli. Ecco perché chi scavava a Varsavia era convinto di trovare ricchezze. Quando hanno messo le mani su quelle scatole contenenti i documenti, si sono ritrovati tra centinaia di “carte” e stavano per gettarle via per la delusione. Tra loro, però, c’era un uomo che aveva una fidanzata ebrea e aveva intuito cosa fossero quei reperti. E’ stato lui a portarli ai sopravvissuti della comunità ebraica. 

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Chi scriverà la nostra storia è composto da vere immagini dell’epoca: filmati, fotografie e testimonianze di chi è sopravvissuto. Allo stesso tempo il film include ricostruzioni storiche con tanto di attori che interpretano i personaggi. Mezzo documentario, mezzo film drammatico.  
Sì, è un ibrido tra documentario e film. Le mie priorità erano due: raccontare la verità storica e ottenere una connessione emotiva con il pubblico attraverso questo dramma. Le parole contenute nei documenti dell’archivio sono così potenti che richiedevano una ricostruzione emotiva attraverso le immagini. Ecco perché ho deciso di girare con gli attori.

 
Una delle due voci che ascoltiamo è quella di una donna.   
Nell’ultimo periodo si è parlato molto delle esperienze delle donne durante la Seconda Guerra Mondiale. Prima non capitava spesso di ascoltare tanto queste storie, anche perché i sopravvissuti esitavano a raccontare e condividere i loro drammi personali. Oggi, nell’epoca del movimento Metoo, il mondo è più aperto ad ascoltare le storie delle donne. Anche quelle dell'Olocausto.
 
Ci sono perfino momenti di humour con cui si descrive la tragedia. A un certo punto si parla della fascia che gli ebrei erano costretti a portare al braccio e qualcuno dice: “Vedevi così tante stelle per strada che sembrava di stare a Hollywood. Solo che non era Hollywood”. 
Lo humour era un modo per sopravvivere a degli eventi terribili. L’archivio contiene tante battute come questa, ma anche frasi umoristiche, perfino canzoni. Lo humour ci rende umani ed era importante mostrarlo. 

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Quando si parla del rapporto tra cinema e Olocausto, è inevitabile pensare a Schindler’s List. Penso a un’immagine particolare da quel set: Spielberg che piange ad Auschwitz prima di girare una scena. Da una parte dunque una connessione emotiva, dall’altra però c’è la necessità di rispettare al massimo i protagonisti di queste storie ed essere il più fedeli possibili alla verità storica.  
Personalmente ho provato a realizzare il miglior lavoro che potessi fare per onorare le vite delle persone raccontate nel film. Pensavo a loro e lottavo con le mie emozioni. Certamente ogni mossa si fonde con una tristezza terribile e inevitabile, ma la verità storica e il rispetto per queste persone era il sentimento che prevaleva su ogni altro dolore. Fare questo film voleva dire onorare le speranze dell’archivio: parlare al futuro, raccontare la storia con la loro voce e ricordarli come individui.

 
Torniamo all'inizio della nostra conversazione e al modo in cui risponde tutte le volte che si sente dire: “giri un altro film sull’Olocausto?” 
Sì, a parte la risposta sarcastica, la verità è che l’Olocausto non è stato solo una tragedia ebraica, ma una tragedia per l’umanità intera. Ci ha indicato un aspetto della natura umana e la direzione verso cui l'umanità si stava dirigendo. Quindi non smettiamo mai di studiarlo perché bisogna tenerlo a mente come esempio. Bisogna chiedersi: "come è potuto accadere?" E soprattutto come evitarlo un’altra volta. 

Chi scriverà la nostra storia è distribuito nei cinema da Wanted e Feltrinelli Real Cinema. 

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