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Amabili resti: a colloquio con Peter Jackson

Il regista ci racconta il suo amore per il cinema, le lacrime versate sul romanzo di Alice Sebold e la sua amicizia col maestro Steven Spielberg. Ecco uno degli ultimi grandi entusiasti in circolazione!

Amabili resti - Peter Jackson sul red carpet

09.02.2010 - Autore: Pierpaolo Festa
Mettevi nei suoi panni. Siete uno dei registi più potenti in circolazione. Il vostro team ha vinto una ventina di Oscar, la troupe è pronta ad attendere un vostro qualsiasi comando. Adesso eccovi in giro per il mondo a parlare del nuovo film che avete appena girato... che cosa volete di più? Una tazza di tè:  Peter Jackson è è un vero addicted: “Ne bevo più di sei al giorno. A volte mi fisso con un determinato tipo di tè. Earl Grey ad esempio. Poi quanto mi stufo, passo al prossimo”. Gentile e interessante nelle sue risposte chilometriche, ma soprattutto magro! Così si presenta il regista: i ricordi di quell’uomo abbastanza “ciccioso” in pantaloncini sul set de “Il Signore degli Anelli” sono molto lontani.

Steven Spielberg e Peter Jackson

Adesso Jackson è ufficialmente entrato nella grande famiglia di Steven Spielberg, che gli produce i film e con cui ha iniziato a collaborare fianco a fianco per la nuova saga motion capture 3D di “Tintin”. “Ho avuto la possibilità di conoscere meglio Steven negli ultimi due o tre anni – ci racconta il regista – La prima volta che l’ho incontrato è stato dopo aver girato ‘Creature del cielo’. Per me è sempre stato una figura leggendaria e una fonte di grande ispirazione. La cosa fantastica è che Steven è sempre più innamorato del cinema e il suo amore è contagioso. Lavorare con lui vuol dire vederlo emozionato, a quel punto anche io lo sono. Steven riesce sempre a formulare le migliori idee e io mi ritrovo sulla sua stessa lunghezza d’onda. Lui è simile a me: ci sentiamo come se non fossimo mai cresciuti, siamo ancora ragazzini dentro, ed è fantastico!”.

Peter Jackson sul set di Amabili resti

A proposito di “Amabili resti” (di cui potete leggere la recensione qui) Jackson non ha dubbi: “Era destino che lo facessi io. La prima volta che ho letto il romanzo di Alice Sebold è stato nel 2002. Ero a Londra a lavorare sulla musica de 'Le due torri'. L’ho letto semplicemente per passione: avevo tanti altri progetti da realizzare. Dovevo finire ancora la saga di Tolkien e cominciavo a supervisionare ‘King Kong’. Mentre lo leggevo, mi sono ritrovato in lacrime, era davvero un romanzo potentissimo. A quel punto ho saputo che un altro Studio aveva ottenuto i diritti del libro. Sono passati alcuni anni e, come per magia, i diritti si erano sbloccati. Potevo girarlo!”.

"Amabili resti" è certamente un libro molto complesso da adattare per il grande schermo. Qual è stata la maggiore difficoltà nel processo di adattamento?
Ne ho parlato con Philippa Boyens e Fran Walsh, con cui scrivo sempre tutti i miei film. Sapevamo che potevamo riuscire a realizzare una pellicola interessante. Abbiamo lavorato al copione senza alcun trucco. Abbiamo lavorato sodo, concentrandoci sul potere del libro. Quello che abbiamo fatto è stato ridurre il materiale: ci siamo focalizzati sui personaggi principali. Si è sempre costretti a fare certe decisioni per realizzare un film di due ore. La cosa più difficile una volta arrivati sul set è stato trovare il modo giusto per rappresentare il mondo di Susie Salmon, quello che lei chiama “in-mezzo”. Quello è un mondo personale, un’interpretazione del subconscio di Susie. E’ un po’ come il posto dei propri sogni. 

Saoirse Ronan e Peter Jackson sul set di Amabili resti

Adesso che è diventato uno dei maggiori registi in circolazione, quanto è complesso scegliere i progetti e andare incontro alle aspettative dei suoi fan?
L’unica cosa che faccio è scegliere i film io vorrei andare a vedere. Non c’è altra ragione. E’ sempre stato così, sin da quando ho iniziato. Amo il cinema e mi emoziono su alcuni progetti, immaginandoli già nella mia testa. Un progetto deve farmi venire la voglia di andare incontro ad un paio di anni di duro lavoro! Cerco di non pensare alle aspettative degli altri. Voglio continuare a fare film d’intrattenimento, questo sì. Ma mi piace anche spiazzare un po’ i miei fan.

Sappiamo che lei è un divoratore di film. Quali sono state invece le influenze letterarie che l’hanno ispirata a diventare un filmmaker?
Direi che non c’è proprio una fonte d’ispirazione letteraria. Io faccio film, e si tratta specialmente di immagini. Sono più un “movie guy”, uno che guarda i film. Quando avevo sette anni, andavo al cinema e amavo il fantasy e i film che riguardavano l’immaginazione, la magia e gli effetti speciali. Tutti i bambini adorano i trucchi di prestigio. Ecco come mi sono innamorato del cinema. Non sapevo come si dirigesse un film, ma pensavo che la cosa bella fossero proprio gli effetti speciali. Per questo, per un po’ ho pensato di dedicarmi all’animazione. Quando ho cominciato a girare in super 8 nel giardino dei miei genitori, ho lavorato da autodidatta agli effetti speciali. Non sapevo come si facesse, ma tutto veniva fuori in maniera naturale: le astronavi esplodevano, gli aeroplanini volavano e io sperimentavo nuove inquadrature. A dodici anni ho cominciato a montare quei film e ho imparato tanto. Non credo ci sia stato un momento vero e proprio, però d’un tratto mi sono detto: “Voglio dirigere! Questo è quello che voglio fare”.

Peter Jackson sul set di Amabili resti

Quali sono state, dunque, le sue maggiori ispirazioni?

Come tutti sanno il “King Kong” del ‘33. Ma anche la serie Tv “Thunderbirds”. Poi ho avuto una fase horror. Ancora oggi possiedo la metà di un film che ho girato quando avevo diciassette anni, in cui interpretavo una specie di Van Helsing nel diciottesimo secolo! Nel film gli zombie tornavano in vita per divorare il cervello della gente. Adesso mi piacerebbe riprenderlo e completarlo! Magari lo metterò come extra in un dvd!

Vi ricordiamo che "Amabili resti" sarà distribuito dalla Paramount Pictures a partire dal 12 febbraio.

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