
Grande cinema, i dettagli che spiegano i finali più incomprensibili

Blade Runner (1982)
Ci sono finali che hanno scatenato dibattiti infiniti nella storia del cinema. Finali lasciati volutamente ambigui dai registi e dagli sceneggiatori, una sorta di sfida alla lettura del film da parte degli spettatori. Ma, generalmente, quegli stessi registi e sceneggiatori hanno piazzato dei dettagli, all'inizio o nel corso del film, che spiegano il finale. Andiamo a caccia dei più famosi...
OVVIAMENTE: SPOILER!
Partiamo da Blade Runner, sul quale il dibattito "Rick Deckard è un umano o un replicante?" non si è mai smorzato. Nemmeno dopo il sequel Blade Runner 2049 che, intenzionalmente, non ha risposto alla domanda. Ridley Scott ha comunque dichiarato apertamente che, nella sua idea, Deckard è un replicante. Lo si capisce nel Director's Cut, dove Scott ha reinserito un sogno di Deckard: il detective vede un unicorno e, dunque, l'origami lasciato da Gaff alla fine ci dice che il suo sogno è un impianto e che Rick è un umano artificiale.
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La cosa (1982)
La cosa di John Carpenter è un film tutto basato sulla paranoia, sul non sapere chi sia umano e chi un mostro mutaforma alieno. Nel finale, MacReady (Kurt Russell) e Childs (Keith David) siedono uno di fronte all'altro, unici sopravvissuti della distruzione della base antartica, destinati a morire congelati. Ma forse uno dei due è la Cosa? Quale? La risposta risiede probabilmente in una scena, a inizio film, in cui MacReady gioca a scacchi con il computer e perde. Il finale riflette questo: lo scacco matto di MacReady e dell'intera umanità. La Cosa può infatti sopravvivere al congelamento e, quando arriveranno i soccorsi, potrà raggiungere la civiltà e porre fine al genere umano.
Atto di forza (1990)
Come Blade Runner, anche Atto di forza è tratto da Philip K. Dick e dunque è ovvio che nel film realtà e fantasia vengano confuse. Quello che accade a Douglas Quaid (Arnold Schwarzenegger) è frutto di un innesto di memoria o la realtà? La risposta è la seconda. Perché, se ci fate caso, quando Douglas va alla Recall per farsi impiantare la memoria di un viaggio su Marte, i tecnici elencano tutte le svolte della trama che vedremo, dall'incontro con una misteriosa e affascinante rivoluzionaria all'atto di eroismo finale di Douglas (e su uno schermo si vede anche il "set" delle miniere in cui si svolge il finale del film).

The Prestige (2006)
Tutti i film di Christopher Nolan sono trucchi magici, The Prestige non fa altro che dichiararlo sin dal titolo. Il grande colpo di scena del film, ovvero che in realtà Borden (Christian Bale) ha un gemello, viene addirittura spoilerato allegramente nella scena in cui Angier (Hugh Jackman) sfoglia il diario del rivale. "Eravamo due giovani uomini all'inizio di una grande carriera", si legge. Tutti danno per scontato che Nolan si riferisca a Borden e Angier, ma in realtà il regista inquadra Bale seduto accanto a un individuo palesemente truccato, il suo "assistente". Il trucco è lì, di fronte a tutti: basta saper guardare senza distrarsi.

Drive (2011)
La domanda che assilla chi ha visto Drive è: alla fine, quando il protagonista si allontana in auto ferito, sopravvive? La risposta sta probabilmente nella parabola che, a un certo punto, Ryan Gosling racconta a un boss malavitoso, quella dello scorpione e della rana. Siccome lui porta uno scorpione tessuto sulla giacca, si dà per scontato che lo scorpione sia lui. E invece lui è la rana, destinata ad aiutare il prossimo anche se questo la porta alla morte. Dunque la risposta è: no, l'autista alla fine morirà.
Arrival (2016)
Il punto di Arrival è che il linguaggio degli alieni che Louise (Amy Adams) incontra sblocca la concezione non lineare del tempo. I flashback sulla sua figlia malata sono in realtà flashforward, un colpo di scena ottimo e affascinante. In realtà, gli spettatori più attenti avrebbero potuto capirlo da subito, da quando viene mostrata la scrittura degli alieni, fatta di cerchi. L'idea che il tempo sia circolare e non lineare viene dunque sottilmente introdotta sin dall'inizio. Basta fare due più due.

Annientamento (2018)
Nel finale di Annientamento, Lena (Natalie Portman) si scontra con un suo doppio e non siamo sicuri quale delle due sia sopravvissuta e fuggita dal Bagliore. Il riflesso negli occhi di Lena quando ritrova il suo (falso) marito nell'ultima scena sembra dirci che quello è il doppione. Ma non è detto che sia così. Il senso ultimo del finale è, in realtà, che chiunque entri nel Bagliore si porta dietro un bagaglio autodistruttivo. La scena in cui Lena combatte contro il suo doppio è in realtà una metafora dell'eterna lotta contro noi stessi. E il riflesso alla fine ci dice, semplicemente, che il "Bagliore" resta per sempre dentro di noi, che la nostra natura autodistruttiva non ci abbandona mai.

Hereditary: Le radici del male (2018)
Il finale dell'horror più inquietante dell'anno vede una setta di uomini e donne nudi eseguire un rito per portare nel nostro mondo il demone Paimon. Nel caso non aveste capito la fine di Hereditary, riguardando il film con calma noterete che in realtà viene spiegata quasi subito: i membri del culto sono le persone che affollano il funerale della madre di Annie (Toni Collette). E lei stessa, durante una sessione di gruppo per l'elaborazione del lutto, racconta come suo fratello fosse terrorizzato dal fatto che la madre volesse mettergli dentro delle persone. Il rito finale è proprio questo.