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Van Sant e Seidl: variazioni di stile

Nella sezione del concorso ufficiale sono stati presentati due lungometraggi che rappresentano curiosamente lo stesso tentativo da parte dei propri autori di avvicinarsi al pubblico

Paranoid Park

01.06.2007 - Autore: Adriano Ercolani
   

Partiamo dall’austriaco: il suo precedente “Canicola” (Hundstage, 2001), in concorso a Venezia, si era presentato come un lavoro a tratti davvero insostenibile, in quanto morbosamente gratuito nel presentare situazioni e personaggi scioccanti, tesi ad indicare allo spettatore l’afasia ed il degrado in cui versa secondo il regista la società austriaca. Un film pesantissimo, che lavorando sullo sfinimento della durata dell’inquadratura arrivava a causare nel pubblico un malcelato rigetto. “Import Export” mantiene senza dubbio gli stessi stilemi narrativi e visivi, continuando quindi a muoversi dentro i parametri precisi del cineasta, ma possiede almeno il pregio di una serie di personaggi con cui si può stabilire un rapporto empatico, e che alla fine del film rappresentano comunque un’alternativa di speranza al degrado sociale e morale in cui sono immersi. Lunghissimo, in certo momenti capace di colpire allo stomaco chi lo sta guardando, “Import Export” sembra però rappresentare un deciso passo avanti nella poetica di Seidl verso un cinema più equilibrato ed accettabile da parte del pubblico medio.