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Tyrannosaur - La nostra recensione

Potentissima opera prima che, grazie a due protagonisti straordinari, si piazza immediatamente nella memoria cinematografica

Tyrannosaur - Peter Mullan

30.10.2011 - Autore: Pierpaolo Festa
Che gran film che è “Tyrannosaur”. Un’opera prima matura e potente, il film che noi italiani ci sogniamo di fare e che il Festival di Roma ha presentato all’interno della sezione Occhio sul mondo – Focus dedicata al cinema britannico.

Dai bassifondi di Leeds il regista Paddy Considine riesce a catturare immediatamente lo spettatore con una storia cucita su misura sull’espressività del grande Peter Mullan. Considine gira con coraggio, avanzando con la macchina da presa in luoghi in cui pochi drammi osano arrivare. Da un cane ucciso a calci, a un marito violento che non esita a “offrire” alla moglie una golden shower mentre lei è addormentata, tutto incluso con risse da pub, vetri rotti e la miseria che governa la working-class. 

Peter Mullan in Tyrannosaur

Descrivendo ritratti di persone che hanno spappolato le loro cellule cerebrali un sorso dopo l’altro, donne abusate da mariti con più di una rotella fuori posto e un vicinato fatto di violenza e crudeltà, il regista si rifà al maestro Ken Loach (il suo film ricorda non poco “My Name is Joe”) e all’opera prima (e finora unica) di Gary Oldman, “Niente per bocca – Nil By Mouth”. E non ci sarebbe mai riuscito senza i suoi straordinari attori. Lo scozzese Mullan ha la stessa intensità del De Niro d'annata: uno che è in grado di mettere paura con un solo sguardo e che, allo stesso tempo, riesce a toccare corde emotive come pochi sanno fare. Ma è Olivia Colman la vera sorpresa del film: la sequenza in cui il suo personaggio alterna lacrime e sorrisi poco prima di ritrovarsi in un inferno domestico è un vero pugno allo stomaco.

Olivia Colman e Peter Mullan in Tyrannosaur

Se da una parte Considine ci costringe ad abbassare lo sguardo come dei bambini che subiscono le urla dei genitori in pubblico, dall’altra nel suo film scorre anche un flusso positivo. Da spettatore ti ritrovi a voler abbracciare questo protagonista violento che ha distrutto il suo spirito nel corso degli anni. L’unico modo per farlo è attraversare il suo inferno personale con coraggio in un tunnel che sbuca sul suo animo da uomo sincero. Bellissimo e toccante, “Tyrannosaur” non smette per un minuto di secernere tensione. Tutt’altro che cinema depressivo passivo, piuttosto un film che non sarà dimenticato. Chissà se lo vedremo mai nelle sale italiane...


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